Un rapporto di Amnesty International
afferma che gli algoritmi di Facebook, la piattaforma di cui è
proprietaria l'azienda Meta, hanno contribuito ai crimini
perpetrati nel 2017 dalle forze armate di Myanmar contro la già
perseguitata minoranza dei rohingya, prevalentemente musulmana.
Il rapporto s'intitola "Atrocità social: Meta e il diritto dei
rohingya a una riparazione" ed è basato in parte sui "Facebook
Paper", una serie di documenti interni resi pubblici dalla
whistleblower francese Frances Haugen.
Nel 2017, la campagna di pulizia etnica causò migliaia di
uccisioni, torture e stupri e diede luogo a uno sfollamento di
massa di circa 700.000 persone. Negli anni precedenti utenti
legati all'esercito e ai gruppi ultranazionalisti buddisti di
Myanmar avevano riempito Facebook di contenuti fortemente
anti-musulmani.
In un post condiviso oltre 1000 volte, scrive Amnesty in una
nota, un difensore dei diritti umani dei rohingya era stato
descritto come "traditore della nazione". In uno dei commenti,
si leggeva: "I musulmani sono cani che devono essere uccisi". Lo
stesso capo delle forze armate dell'epoca, il generale Min Aung
Hlaing, oggi a capo della giunta golpista, aveva scritto in un
post: "Dichiariamo apertamente che nel nostro paese non c'è
alcuna razza rohingya".
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