Il piccolo Charlie non morirà né in ospedale né in casa sua: i suoi ultimi giorni prima che venga staccato il respiratore li trascorrerà in un hospice, un centro assistito per malati terminali. Si è giunti a questa decisione stasera, al termine di un'altra seduta fiume presso l'Alta Corte di Londra in cui il Great Ormond Street Hospital (Gosh), dov'è ricoverato Charlie, e i genitori del piccolo, Connie Yates e Chris Gard, non hanno trovato alcun accordo. Al termine, il giudice Nicholas Francis ha battuto il martelletto e dato un ultimatum per domani alle 12 (le 13 in Italia): di fronte ad una nuova fumata nera procederà d'ufficio a ordinare il trasferimento di Charlie in un hospice, il cui nome dovrà restare segreto. Una soluzione che alla fine - ha fatto trapelare nel corso del pomeriggio l'avvocato dei Gard, Grant Armstrong - è stata accettata dai genitori. Una svolta resa possibile quando un medico specialista dello stesso Great Ormond Street Hospital si è offerto di assistere il piccolo nei suoi ultimi giorni insieme a diversi infermieri dello stesso istituto.
La "terapia sperimentale poteva rappresentare una opportunità per Charlie Gard ma si è arrivati troppo tardi". Lo ha affermato il professor Luigi Bertini dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma nel corso della conferenza stampa sul piccolo inglese affetto da una malattia genetica. "Non so perché l'ospedale inglese abbia deciso di sospendere le cure al bimbo, so che qua da noi questo non sarebbe avvenuto". Così Mariella Enoc, presidente del Bambino Gesù, a margine di una conferenza stampa convocata oggi presso l'ospedale della Santa Sede. "Non so se Charlie si sarebbe potuto salvare, ma so che si è perso molto tempo in molti dibattiti legali che non sono serviti a nulla".
Due giorni fa i genitori hanno annunciato di voler porre fine alla loro battaglia: "E' tempo che vada e che stia con gli angeli" - Charlie Gard ha perso la sua battaglia, la spina delle macchine che ne hanno finora tenuto in vita il corpicino prostrato da una rara sindrome degenerativa può essere staccata. Gli ultimi ad arrendersi, in lacrime di fronte a Nicholas Francis, giudice dell'Alta Corte di Londra, sono stati la sua mamma e il suo papà, Connie e Chris, non senza lanciare uno straziato 'j'accuse' finale ai medici del Great Ormond Street Hospital e alla giustizia britannica per aver scelto al posto loro di dire basta già 5 mesi fa innescando un contenzioso legale che potrebbe aver consumato il fattore tempo. "La finestra di opportunità", l'ha chiamata l'avvocato Grant Armstrong, a cui la coppia - col conforto di alcuni specialisti stranieri - si sarebbe voluta aggrappare per tentare la terapia alternativa che il neurologo Michio Hirano sta sperimentando in fase embrionale alla Columbia University di New York. E che a un altro stadio della malattia, sospettano i Gard, avrebbe potuto magari offrire una pur piccola chance. Il finale triste, forse scontato, di una vicenda che ha commosso il mondo e ha diviso le coscienze é andato in scena in un'anonima aula di tribunale. "Non c'é più tempo", ha alzato bandiera bianca il legale di famiglia, denunciando l'attimo fuggente perduto, a suo dire, negli ultimi mesi. "Le peggiori paure dei genitori - ha incalzato - sono state confermate. Ora è troppo tardi per curare Charlie". Il suggello al 'non c'é più nulla da fare' é del resto arrivato dallo stesso Hirano, giunto a Londra fidando di poter dare almeno un 10% di possibilità di miglioramento al piccolo, ma costretto infine a fare un passo indietro per l'aggravamento dei danni cerebrali rivelato da una nuova risonanza magnetica una settimana fa. Una 'sentenza' che i dottori inglesi del Great Ormond (Gosh) avevano emesso già a marzo chiedendo e ottenendo parere favorevole a 'staccare la spina', contro il volere della famiglia, tanto dalla giustizia del Regno quanto dalla Corte Europea dei Diritti Umani. Oggi la direzione sanitaria si é inchinata al "coraggio" di Charlie, Connie e Chris, accantonando finalmente le polemiche sfociate nel week end addirittura in una denuncia alla polizia contro ignoti per insulti online e presunte minacce di morte allo staff ospedaliero. Mentre attivisti del cosiddetto 'Charlie's Army' non hanno risparmiato qualche (pacifica) protesta dinanzi alla Corte al grido di "vergogna" nei confronti di medici e giudice. "Dire addio al mio piccolo bel bambino é la cosa più dura che mi potesse capitare", ha mormorato invece la mamma fuori dall'aula trattenendo i singhiozzi, "volevamo solo dargli una chance di vivere, invece s'é perso tanto di quel tempo". Quindi, rivolgendosi direttamente a Charlie, a quel bimbo di 11 mesi dai capelli biondi adottato idealmente da milioni di persone nel suo lettino d'ospedale con la tutina blu, la scimmietta di peluche e gli odiosi tubicini collegati al naso, Connie é crollata: "Ci dispiace non essere riusciti a salvarti". Un dolore senza rimedio, condiviso con il marito. Occhi lucidi e volto scavato, anche lui ha avuto parole di rammarico, prima di cercare di dare un senso a qualcosa che non sembra averne. "Charlie é stato un guerriero assoluto, non potremmo essere più fieri di lui", ha scandito annunciando di sperare di poter creare ora una fondazione a suo nome, utilizzando anche il milione e 300mila sterline frutto della raccolta popolare promossa sul web quando ancora si pensava all'ipotetico trasferimento negli Usa (proibitivo per le tasche dei Gard) e alla terapia ai nucleosidi del professor Hirano. Denaro che, chissà, potrà servire ad altri. Perché Charlie, ha inghiottito papà Chris, "non arriverà al suo primo compleanno, fra due settimane. E' tempo che vada e che stia con gli angeli".