"L'integrazione bisogna realizzarla non rimandarla". Con questo slogan elettorale, Cem Oezdemir si presenta sui manifesti elettorali come candidato alla cancelleria per i Verdi.
Oezdemir nasce in Turchia nel 1965, da genitori emigrati in Germania nei primi anni '60 come "Gastarbeiter". Suo padre, un operaio tessile in una fabbrica della foresta nera, in Baden-Wuerttemberg, è di religione musulmana, ma lascia che il figlio frequenti un istituto superiore evangelico. Lo ha ricordato lo stesso Oezdemir, nei giorni scorsi nel corso di un'intervista televisiva.
Nel 1981, a 16 anni, Cem entra nei Verdi, quando il partito è ancora alle origini, e nello stesso anno chiede la cittadinanza tedesca, che ottiene al compimento dei 18. Quando entra in parlamento nel 1994, è il primo deputato di origine turca, insieme a Leyla Onur.
Il multiculturalismo è il suo tema, e la sua biografia ne è una prova. Ma i rapporti con la Turchia, negli ultimi mesi, si fanno difficili. Da sostenitore dell'ingresso della Turchia nell'Ue, Oezdemir sollecita più volte il pugno duro con il governo di Erdogan. Quando il presidente turco in agosto, rivolge un appello ai turchi in Germania di non votare "i partiti nemici della Turchia, cioè Cdu, Spd e Verdi", Oezdemir risponde "che Erdogan vuole instaurare la Turchia anche in Germania". Non altrettanto incisiva è la sua presenza, e quella del suo partito, sulle tematiche ambientaliste degli ultimi mesi. Occasioni mancate sono il vertice sul diesel e il clima. Nel dieselgate la voce dei verdi è timida, timidissima. E rispetto alle bizze climatiche dell'ultimo periodo, la loro voce è appena udibile. Nei sondaggi, con il loro 7%, sono gli ultimi classificati. I commentatori parlano di un partito invecchiato e in crisi di identità. Difficile dargli torto.
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