E' un imbuto politico e cronologico quello che il Parlamento britannico si trova ad affrontare in queste ore dopo il voto negativo sulla ratifica dell'accordo sulla Brexit proposto dalla premier Tory, Theresa May, e alla luce del verdetto sulla mozione di sfiducia contro il governo promossa stasera dal leader dell'opposizione laburista, Jeremy Corbyn. Un imbuto su cui pesano anche le norme che regolano l'istituto della sfiducia nel Regno Unito.
Se respinta, la mozione non produce alcun effetto, ma lascia in sella un governo che sul dossier cruciale della Brexit ha appena dimostrato non solo di non avere una maggioranza, ma di averla persa con ben 230 voti di scarto: un record. Se invece la sfiducia passasse, May dovrebbe dimettersi e scatterebbe un termine di 14 giorni per verificare l'esistenza di una diversa maggioranza a sostegno di un nuovo governo, guidato da un nuovo leader Tory o dal capo del principale partito di opposizione, cioè Corbyn. E quindi, laddove non vi fossero vie d'uscite, altri 25 giorni per arrivare ad elezioni politiche anticipate.
Uno sbocco che di fatto imporrebbe la richiesta a Bruxelles di un'estensione dei termini dell'articolo 50 e di uno slittamento della scadenza del 29 marzo fissata per l'entrata in vigore ufficiale della Brexit. Opzione considerata del resto assai probabile anche nel caso di bocciatura della mozione di sfiducia, tenuto conto che le sedute lavorative a disposizione del Parlamento di Westminster - escluso oggi ed esclusi i 10 giorni tradizionali di pausa invernale di febbraio - sono ormai solo 46 da qui al 29 marzo. E "le lancette - commenta la Bbc - corrono".
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