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Shock, lacrime e morte tra le macerie di Uman

'Alle 4 di notte le sirene, il missile ha sventrato il palazzo'

(dell'inviato Stefano Intreccialagli)

Ancor prima di arrivare alle macerie, è l'odore di bruciato ad annunciare l'ennesima strage di civili in Ucraina. Il vento è forte e porta con sé il messaggio che la morte è arrivata all'alba a Uman, dove un missile russo ha sventrato un palazzo residenziale, uno dei tanti di questa zona della periferia della città. Tra le ruspe, è un viavai di vigili del fuoco e soccorritori, che passano in mezzo alla gente e le auto distrutte con i cadaveri di questa nuova tragedia. Intanto, le forze di sicurezza recuperano i resti del razzo per farne prove contro gli invasori: un funzionario cammina svelto, sulla giacca ha scritto 'War Crimes prosecutor', procuratore dei crimini di guerra.
    Mentre le ruspe lavorano per spostare i detriti e liberare spazio alla ricerca di possibili superstiti, ai lati delle stradine decine di persone guardano attoniti lo scheletro dell'edificio. Uomini, donne, ragazzi e ragazze consumati dall'attesa di sapere se i loro padri, madri, figli, parenti, amici usciranno vivi o no da quel cumulo di cemento e lamiere.
    Tatiana, 29 anni, racconta all'ANSA di sentirsi miracolata: solamente un muro ha separato lei, suo marito e i suoi due bambini di 2 e 10 anni dal missile. "Non so nulla delle condizioni della mia casa", spiega indicando una piccola finestrella proprio al confine del vuoto lasciato dall'attacco. "Vedo che è bruciata, probabilmente è stata distrutta".
    A Uman, a risultare fatale è stata l'abitudine della guerra: "Alle 4 abbiamo ricevuto l'allarme aereo che ci ha svegliati, ma dato che ormai siamo tutti abituati sono tornata a letto e ho cercato di dormire", racconta ancora Tatiana. "Poi abbiamo sentito l'esplosione, così abbiamo preso i nostri figli, i telefoni e i documenti e siamo fuggiti". Sulle scale ha visto le porte dei vicini danneggiate. "Dentro abbiamo visto un muro crollato, ma abbiamo deciso di non fermarci, avevamo troppa paura".
    In lacrime, Tatiana dice di non avere dubbi: "Tutte le persone che vivevano nei piani che sono crollati e bruciati sono morte lì, il missile ha colpito la parte del palazzo in cui c'erano le camere da letto. Questa zona è residenziale, tanti bambini vivono qui. Conoscevo tutte le persone di quella parte di palazzo, i miei vicini di casa. Ora sono sotto shock, non so che giorno sia, ancora non sto realizzando cosa sia accaduto. E non so come mi sia salvata, credo sia stato Dio. Non posso spiegarmelo in altro modo: il mio appartamento è intatto e quello accanto è distrutto".
    Parlare di miracoli sembra una contraddizione in un posto che è stato maledetto dalla guerra. Nello spazio esterno della scuola accanto al palazzo, diventata la base per l'assistenza agli sfollati, gli operatori sanitari raccolgono i campioni di Dna per riuscire a identificare le vittime. Poco più in là, i volontari offrono cibo e aiuto ai tanti che si stringono nei loro cappotti, scoppiano in lacrime, si abbracciano, sospesi in quella che sembra un'eterna pausa di disperazione, mentre il tempo che passa ruba loro ogni speranza di vita sotto le macerie. "Ero la vicina di una famiglia che viveva qui. Il papà e il figlio sono in ospedale ma non sappiamo cosa sia successo alla mamma e alle altre due bambine, i soccorritori non ci dicono nulla", piange disperata una donna. Due ragazze si aggirano tra i soccorritori. "Il nostro migliore amico viveva qui, ora è a casa nostra ma non sa cosa sia successo ai suoi genitori. Siamo venute a vedere se si sa qualcosa".
    "L'attesa di sapere il destino dei propri cari è duro tanto quanto essere un sopravvissuto o una vittima", spiega Ruslan, tra gli psicologi che aiutano le persone disperate e sotto shock. "Ma qui ho visto anche tanta rabbia contro i militari russi che hanno sferrato l'attacco". Una rabbia alimentata dall'incapacità di trovare la logica di un attacco diretto a un quartiere residenziale, tra alberi in fiore e parchi con scivoli e altalene. Ventitré morti di cui quattro bambini è il bilancio che giunge mentre il tramonto illumina di rosso le macerie di Uman. "E' un giorno di tristezza per noi", dice all'ANSA la sindaca Iryna Pletnyova, dicendosi comunque convinta che "la città si riprenderà". Ma non ancora, non oggi. 
   

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