Al tribunale di Sarajevo si è
tenuta oggi una nuova udienza nel processo che vede imputato il
leader serbo-bosniaco Milorad Dodik con l'accusa di mancato
rispetto delle delibere dell'Alto rappresentante internazionale
in Bosnia-Erzegovina Christian Schmidt. Con lui viene processato
con la medesima accusa anche Milos Lukic, direttore della
Gazzetta ufficiale della Republika Srpska, l'entità a
maggioranza serba della Bosnia-Erzegovina di cui Dodik à
presidente. Tale organo di stampa si rifiuta anch'esso di
pubblicare decreti e decisioni di Schmidt, la cui legittimità
non è riconosciuta dall'entità serba e dalla sua dirigenza. Tale
reato di disobbedienza viene punito in base alla legge bosniaca
con la reclusione da sei mesi a cinque anni, e l'interdizione
dai pubblici uffici.
Nella seduta odierna sono stati ascoltati due testimoni,
entrambi in passato direttori della Gazzetta Ufficiale della
Rpiblika Srpska. Come già fatto nelle precedenti udienze, Dodik
- che al suo arrivo al tribunale è stato nuovamente accolto da
centinaia di sostenitori che hanno a lungo scandito il suo nome
- ha respinto ogni accusa, ribadendo che non ci sono prove a suo
carico e che si tratta di un evidente processo politico per
discreditarlo. "Non c'è nessuna prova e tutto si fa con
l'improvvisazione ad opera dei giudici", ha detto. Una nuova
udienza è stata fissata per il 29 aprile. In una successiva
conferenza stampa tenuta a Sarajevo est - città a pochi km da
Sarajevo, che fa parte della Republika Srpska - Dodik ha
ripetuto la sua insofferenza per la presenza straniera in
Bosnia-Erzegovina, che fa di tale Paese a suo dire una
sostanziale colonia in balia delle potenze occidentali.
"Arrivano gli stranieri e impongono un processo, dicono la loro
su procura, tribunali, giudici, e basta. Le cose funzionano
così", ha affermato il leader serbo-bosniaco, secondo il quale
tale condizione di colonia è alla base della crisi continua e
sistematica in cui si trova la Bosnia-Erzegovina. Nell'incontro
con i giornalisti, Dodik ha poi ribadito la sua posizione su
Srebrenica, affermando che nel luglio 1995 in quella cittadina
dell'est della Bosnia-Erzegovina non vi fu nessun genocidio, e
che la risoluzione su Srebrenica che verrà votata all'Onu nei
prossimi giorni non farà altro che ostacolare ulteriormente gli
sforzi di riconciliazione in Bosnia-Erzegovina e nella regione.
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