(dell'inviato Luca Mirone)
Il G7 dei ministri del
Commercio a presidenza italiana si è chiuso con una "forte presa
di posizione, unanime" sulla necessità di "rafforzare" gli
scambi internazionali a beneficio della "crescita globale", ma
in una cornice di "equità" e con la garanzia di "parità di
condizioni" nell'accesso ai mercati terzi. Antonio Tajani,
padrone di casa alla riunione in Calabria, traccia un bilancio
di "successo" della due giorni dei lavori, perché in linea con
le aspettative di un'economia che punta moltissimo sull'export.
La ministeriale calabrese è stata inanzitutto una riunione
aperta all'esterno, nella convinzione che il club dei Paesi più
ricchi non debba "chiudersi in una torre d'avorio", ma al
contrario aprirsi al confronto con economie sempre più
dinamiche. E' il caso ad esempio dell'India, della Turchia, del
Brasile, del Vietnam, alcuni degli invitati dal titolare della
Farnesina. Del resto, in una fase di turbolenze geopolitiche
come la guerra in Ucraina, o la tensione nel Mar Rosso, un
commercio "aperto" è secondo Roma uno degli antidoti per
"fronteggiare le crisi".
Per consolidare e rilanciare il commercio globale il G7
concorda sulla necessità di modernizzare il Wto, che dopo 30
anni dalla sua istituzione mostra di essere un regolatore con
meccanismi "un po' obsoleti", ha spiegato Tajani. In questa
chiave i 7 rilanciano su una "riforma delle funzioni di
monitoraggio, delibera, negoziazione e risoluzione delle
controversie". Regole certe per la fluidità dei commerci, che
devono avere come condizione la definizione di un perimetro di
gioco, il level play fielding. Da questo punto di vista
l'attenzione delle principali economie va soprattutto alla
concorrenza, spesso sleale, della Cina, con la sua
sovraccapacità produttiva. Nel comunicato finale di Villa San
Giovanni c'è, non a caso, un passaggio sull'impegno "per
contrastare le sovvenzioni industriali pervasive, opache e
dannose, nonché le pratiche distorsive del mercato". Altro tema
connesso è quello della "sicurezza economica", con la necessità
riconosciuta di garantire "la costruzione di catene di
approvvigionamento resilienti e affidabili". La sfida è far
fronte alla dipendenza di alcuni beni o merci soltanto da
determinati Paesi, una situazione emersa durante la pandemia.
Sempre riguardo alla sicurezza economica, l'Italia punta sulla
difesa della "libertà di navigazione", che trova spazio nel
comunicato finale. Su tutte le rotte, a partire da quella di
Suez minacciata dagli Houthi.
Il G7 calabrese ha confermato di essere "contro i dazi, a
meno che non siano indispensabili per garantire la reciprocità",
e su questo fronte un commercio più aperto, anche se regolato
per sfuggire alla concorrenza sleale, è "vitale" per un Paese
come l'Italia, che continua ad aumentare il volume del suo
export, tanto da essere riuscita a diventare il quinto Paese a
livello globale, superando la Corea del Sud. La Farnesina ha tra
i suoi asset di diplomazia il sostegno alla proiezione esterna
delle aziende italiane nei mercati meno battuti come quelli dei
Paesi dell'Indo-pacifico, mentre il ministro degli Esteri ha
assicurato che continuerà ad "attaccare l'italian sounding",
tutelando così la qualità del vero Made in Italy.
In Calabria è stato inagurato anche un altro format, ha
rivendicato il vicepremier: "Ci siamo confrontati per la prima
volta in modo diretto con il B7" (la comunità imprenditoriale
del G7), perché "la cooperazione pubblico-privato è fondamentale
in un settore così importante". L'appuntamento di Villa San
Giovanni e Reggio è servito poi per confermare la "rinnovata
attenzione del governo per il sud". Il porto di Gioia Tauro,
visitato dai ministri del G7, è stato portato come esempio di
un'eccellenza nella logistica, snodo commerciale per l'Europa ed
il resto del mondo.
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