I curdi siriani fanno sentire il loro grido alle istituzioni italiane con un tentativo di irruzione a Montecitorio dalle modalità più da flash Mob che non da blitz violento. Proprio nel giorno in cui l'assedio dell'Isis alla "capitale" curda in Siria, Kobane, diventa più drammatico, una cinquantina di curdi hanno tentato di attirare l'attenzione dell'opinione pubblica italiana che conosce il problema del Kurdistan iracheno ma meno quanto avviene in Siria.
Poco prima delle 13,30 nell'atrio d'ingresso di Montecitorio si è sentito un improvviso e crescente clamore di manifestanti. In molti hanno pensato ai Black block che stavano protestando a Napoli contro la Bce, ma erano fuori pista. Le bandiere curde, e quelle con il volto di Ocalan hanno rivelato subito l'identità degli "assalitori" della porta della Camera, chiusa con prontezza da un commesso con una apposita sbarra. Diversamente dal Senato che ha un portoncino blindato, Montecitorio (quando il grande portone di bronzo è chiuso) ha una semplice porta a due ante in legno e vetro antiproiettile. I cinquanta manifestanti, che gridavano slogan e issavano cartelli, hanno travolto una aviere che stava svolgendo il picchetto davanti alla Camera, e che è stata medicata per leggere contusioni dal servizio infermeria interno.
Ma gli agenti di polizia in tenuta antisommossa hanno dopo pochi minuti fatto allontanare i curdi dall'ingresso di Montecitorio, senza dover ricorrere alla forza. "Siamo tutti Kobane", hanno scandito ritmicamente i manifestanti che si sono quindi seduti in mezzo alla piazza: qui hanno proseguito con slogan contro l'Isis e la Turchia, accusata di aiutare gli Jihadisti in chiave anti-curda. Grazie all'intervento di alcuni parlamentari, che sono andati ad ascoltare le ragioni dei manifestanti, questi si sono convinti ad arretrare oltre le transenne che delimitano la piazza, dove è consentito svolgere - quando autorizzate - le manifestazioni.
Alla fine una loro delegazione è stata ricevuta dal questore della Camera, il deputato di Sc Stefano Dambruoso: "Era importante - ha spiegato - ricevere le loro proteste contro l'Isis e contro il terrorismo che stanno uccidendo la loro gente. Ho confermato l'impegno del nostro paese e la delegazione si e' detta rinfrancata da questo colloquio". Uno dei manifestanti, Said, che vive in Italia da 15 anni, dove si è sposato ed ha avuto due figli, ha fatto da portavoce: "Dovevamo fare una sorpresa, altrimenti qui chi sente la nostra voce?". "Noi vogliamo solo difendere i nostri territori dall'Isis - ha detto Said - e urliamo slogan contro la Turchia perchè Erdogan sostiene l'Isis. Noi curdi vogliamo essere liberi, non vogliamo essere attaccati: siamo oltre 50 milioni, non abbiamo il diritto di vivere come tutti gli altri?".
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