La Sarajevo siriana: così è stata ribattezzata Aleppo, teatro della "madre di tutte le battaglie" tra l'esercito fedele al presidente Bashar al Assad e l'ampia gamma di formazioni ribelli presenti in città, comprese quelle di ispirazioni qaedista.
Il conflitto per il controllo della città inizia ufficialmente nel luglio del 2012, quando i ribelli attaccano la zona sudest della città.
I violenti combattimenti vanno avanti per mesi, durante i quali i ribelli si assicurano il controllo della zona orientale e di gran parte di quella meridionale. A nord, villaggio dopo villaggio le forze anti-Assad si aprirono il varco per avere rifornimenti dalle zone frontaliere con la Turchia.
Il 2013 è invece caratterizzato da offensive e controffensive, che alla fine si trasformano in insuccessi per i ribelli e i governativi che tentano un accerchiamento senza riuscirci e sono costretti a ritirarsi.
Ma l'assedio si avvicina e scatta nei mesi successivi.
L'andamento altalenante delle vittorie e delle sconfitte contribuisce a far saltare i tavoli di pace, con le parti avverse pronte al dialogo solo sulla base di condizioni che vengono puntualmente rigettate.
Nel 2015 e nel 2016 l'avanzata delle forze siriane è resa micidiale dall'intervento russo, che spazza via le postazioni nemiche. Imprecisato il numero dei civili rimasto ucciso nei bombardamenti aerei.
Le forze di Assad riescono a isolare la zona orientale di Aleppo e tagliare i rifornimenti.
L'enclave ribelle capitola il 13 dicembre. Con un bilancio terribile di almeno 100 mila morti. (ANSA)
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