Il parlamento iracheno non eleggerà oggi, come previsto, il presidente della Repubblica a causa della decisione dei principali partiti di boicottare la seduta di voto. Lo riferiscono media iracheni e panarabi che citano fonti parlamentari e governative a Baghdad.
Nell'Iraq seguito alla deposizione del presidente Saddam Hussein nel 2003, le cariche istituzionali sono assegnate in base all'appartenenza confessionale ed etnica: il capo dello Stato deve essere un curdo, mentre il presidente del parlamento un sunnita e il capo del governo uno sciita.
Alla corsa presidenziale si sono presentati 25 candidati ma soltanto due sono stati descritti dagli analisti come i possibili vincitori dello scrutinio: l'ex ministro Hoshyar Zebari sostenuto dal Partito democratico del Kurdistan dominato dal clan dei Barzani e vicino alla Turchia; e il rivale e presidente uscente Barham Saleh, candidato dell'altro polo politico curdo tradizionale, l'Unione Patriottica del Kurdistan, dominata dal clan dei Talabani e vicina all'Iran.
La candidatura di Zebari è però stata "temporaneamente" sospesa ieri dalla corte irachena a seguito di denunce di "corruzione" presentate da alcuni deputati.
Ma al di là della vicenda di Zebari, lo scrutinio è stato sospeso perché nelle ultime ore il partito del leader sciita Moqtada Sadr, assieme al partito del rieletto presidente del parlamento, il sunnita Muhammad Halbusi, così come la coalizione di partiti armati filo-iraniani, hanno annunciato che i loro deputati non parteciperanno alla votazione per l'elezione del presidente.
E questo perché i principali partiti politici, vincitori e vinti dalle contestate elezioni dell'ottobre scorso, non hanno ancora trovato un accordo per nomina del premier e la formazione del governo.
Rallentare il processo di elezione del capo dello Stato serve infatti ai leader politici per prorogare di fatto le scadenze costituzionali per la formazione dell'esecutivo: un mese fa il parlamento ha rieletto il suo presidente Halbusi, avviando così il conto alla rovescia per l'elezione del capo dello Stato. Una volta eletto, quest'ultimo avrà al massimo 15 giorni per indicare il nuovo premier e incaricarlo di formare il governo.
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