Il Pakistan ha ripagato l'Iran con la stessa moneta dopo gli attacchi sul suo territorio. L'esercito di Islamabad ha lanciato nella notte raid aerei "contro gruppi militanti anti-pachistani" attorno a Saravan, città nella provincia sudorientale iraniana del Sistan e Baluchistan, al confine tra i due Paesi, due giorni dopo che Teheran aveva a sua volta colpito il "gruppo terrorista" Jaish al-Adl (Esercito della Giustizia) uccidendo "due bambini". Da anni il Pakistan - dotato di armi nucleari - e l'Iran - sotto osservazione internazionale per il suo programma atomico - si accusano a vicenda di ospitare gruppi di separatisti baluci nelle aree lungo i 1000 km di frontiera comune, ma simili attacchi non erano mai avvenuti.
Il premier pachistano ad interim Anwar-ul-Haq Kakar è tornato in fretta e furia da Davos per seguire gli sviluppi: il suo ministero degli Esteri ha spiegato che l'operazione Marg Bar Sarmachar ha preso di mira con "attacchi militari di precisione" terroristi pronti a colpire. Ma la tv di Stato della Repubblica islamica ha denunciato l'uccisione di 9 persone, tra cui 4 bambini e 3 donne. Teheran ha quindi convocato l'incaricato d'affari pachistano (in mancanza dell'ambasciatore richiamato per protesta a Islamabad il giorno prima) per "chiedere una spiegazione".
La Casa Bianca "non vuole un'escalation" tra i due Paesi, ma secondo il presidente Joe Biden gli attacchi pachistani contro l'Iran dimostrano che il regime degli ayatollah non è "molto amato" nella regione. Ue e Turchia hanno espresso preoccupazione, la Russia ha invitato alla "massima moderazione", mentre la Cina si è offerta come mediatrice tra i due "Paesi amici con un'importante influenza", nel tentativo di "allentare la tensione". Tensione che si aggiunge al timore generale di un'escalation della guerra in Medio Oriente, con l'Iran che, attraverso gli Houthi in Yemen e Hezbollah in Libano, continua a mandare segnali bellicosi a Usa e Israele.
Le forze americane hanno lanciato un nuovo raid contro le postazioni missilistiche dei ribelli yemeniti che da fine novembre attaccano le navi in transito nel Mar Rosso, in segno di "solidarietà" con i palestinesi di Gaza, ostacolando la libera navigazione e il commercio internazionale. Il Comando centrale (Centcom) degli Stati Uniti ha reso noto di aver colpito "14 missili Houthi", già sulle rampe di lancio, che "rappresentavano una minaccia imminente per le navi mercantili e quelle della Marina statunitense nella regione". Ormai "è una guerra aperta", hanno reagito i ribelli minacciando "risposte sconvolgenti, potenti e schiaccianti". "Continueremo a prendere di mira le navi dirette ai porti della Palestina occupata, indipendentemente dall'aggressione statunitense-britannica per cercare di fermarci", ha detto un funzionario Houthi all'emittente locale al-Masirah. "Più americani e britannici bombardano, e meno gli Houthi desiderano dialogare", è stato il monito del ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov che ha invitato Washington e Londra a fermare i raid.
"Continueranno", ha invece assicurato Biden. Preoccupata dalle ricadute commerciali del blocco marittimo attraverso il Canale di Suez (già calato del 28% in poche settimane, ha riferito il ministro degli Esteri Antonio Tajani al Senato), Bruxelles è pronta - su iniziativa di Italia, Francia e Germania - ad una nuova missione navale, la Aspis, cui potrebbero partecipare anche Paesi non Ue. "Il nostro obiettivo è quello di prendere una decisione politica già lunedì" al Consiglio Esteri "in modo che la missione possa essere operativa al più presto", ha spiegato Tajani, assicurando che, nonostante il "sostegno politico all'azione angloamericana in Yemen", la Aspis "sarà una missione non di attacco, ma di difesa".
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