(dell'inviata Domitilla Conte)
Una serie di edifici lindi e pinti,
ampi viali asfaltati, scuole, ospedali, parchi per i bambini:
così si presenta New Rafah City, una delle nuove città volute
dal presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi nel Sinai e la più
vicina al confine con la Striscia di Gaza. Appena 7 chilometri
dalla Rafah palestinese bombardata che rischia di essere
l'ultimo baluardo del conflitto.
L'ha inaugurata giovedì il governatore della regione Mohamed
Abdel Fadil Shousha, spiegando che si tratta di una sorta di
indennizzo per quanti hanno visto danneggiata o distrutta la
propria casa durante la guerra senza quartiere contro i
terroristi dell'Isis e non solo, consumata tra il 2015 e il 2019
(durante la quale sono stati eliminati 1.500 tunnel di Hamas), e
anche di una pietra miliare per lo sviluppo di un territorio di
cui il presidente ha detto di non voler cedere "neanche un
granello di sabbia".
Un territorio in gran parte desertico sebbene in posizione
strategica, abitato finora da città fantasma e tribù beduine e
che al Sisi vuole trasformare in una sorta di terra promessa
promuovendo l'agricoltura e fornendo i nuovi appartamenti di
ogni comodità e servizi, compresa una rete digitale estesa a
tutte le abitazioni. La nuova Rafah è composta al momento da 42
edifici e 272 appartamenti costruiti a tempo di record ma
l'obiettivo è di arrivare entro breve a un migliaio di
appartamenti in circa 600 edifici. In totale la città dovrebbe
raggiungere i 75 mila abitanti.
Ovunque camion e materiale da costruzione, forse quello che i
satelliti americani avevano scambiato per un ipotetico
insediamento per i palestinesi sfollati. Nulla di tutto questo,
anzi. La nuova Rafah vuole essere una bandiera egiziana bene
infissa sul Sinai, convinto come è Il Cairo che consentire lo
sfollamento forzato degli abitanti della Striscia segnerebbe
l'affossamento definitivo della causa palestinese. Senza contare
che i profughi dal Sudan costituiscono già un grande fardello
per il Paese che si sta faticosamente risollevando da una
profonda crisi economica.
In una giornata non casuale, il 42esimo anniversario della
liberazione del Sinai dall'occupazione israeliana dopo gli
accordi di Camp David e della Giornata Nazionale del
governatorato, Shousha ha illustrato la nuova Rafah davanti ai
capi tribù della zona. "Per avere gli appartamenti - ha spiegato
- occorrerà fare una domanda su internet e una ventina di
giovani informatici sono già stati inviati sul posto per aiutare
a compilare le richieste. Poi il ministero competente completerà
la selezione degli assegnatari secondo precisi criteri di
equità, ed è garantito che non vi sarà alcun favoritismo".
L'assegnazione non sarà a titolo gratuito ma il prezzo degli
immobili, mediamente di 120 metri quadri, sarà comunque
sottocosto, mantenendo il governatorato la proprietà del
terreno. Il contratto di acquisto si farà con la banca statale
egiziana e sarà possibile un pagamento rateale. Nella
pianificazione del progetto si è tenuto conto che le unità
residenziali fossero completamente finite e dotate di servizi e
pronte per la fruibilità immediata, senza trascurare le usanze
del luogo.
I capi tribù, riuniti nel centro della nuova città sotto un
sole già cocente ad aprile, hanno ascoltato di buon grado gli
annunci e al termine del discorso si sono detti molto
soddisfatti della prospettiva di entrare nelle case nuove, anche
se questo potrebbe comportare un cambiamento sociale importante,
con una maggiore centralizzazione dei poteri. "Siamo felici -
dice un aspirante capo tribù sui 30 anni - comunque andremo a
stare meglio".
"Il motivo per cui la nuova Rafah è stata fondata - ha detto
il vice capo del Consiglio di tutte le tribù del Nord Sinai, lo
sceicco Fayez Abu Harb - è perché gli abitanti di Rafah vivevano
lungo i confini con la città palestinese di Rafah. Queste case
sono state demolite per la sicurezza nazionale e la sicurezza
dei confini, ma oggi lo Stato sta costruendo questa nuova città
e queste case per i cittadini che hanno perso le loro vecchie
case durante la guerra contro il terrorismo".
Rafah non è l'unica new city del Sinai: si stanno
ricostruendo i villaggi di pescatori nella zona di Egziwan, il
villaggio di Sadat nel centro di Bir al-Abda e altre comunità
del tutto nuove che, almeno in un primo momento, coabiteranno
con le aree residenziali originarie.
La penisola del Sinai fa parte dell'Egitto sin dalla prima
dinastia dell'antico Egitto (3100 a.C. circa). Oggetto di
numerose contese nel corso dei secoli, gli accordi di Camp David
nel 1978 hanno riportato il territorio all'Egitto.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA