"Non mi aspetto di essere messo in stato d'accusa. Penso che sia molto difficile perché non hanno assolutamente nulla ma, se la Camera voterà a favore, ben venga il processo al Senato, lo voglio": ignorando le accuse di 12 testimoni, Donald Trump lancia sua sfida in un'intervista telefonica a Fox News, in cui attacca i vertici del partito democratico, la loro indagine di impeachment sull'Ucrainagate e anche alcuni testi, difendendo invece il proprio operato e quello del suo avvocato personale Rudy Giuliani. I dem, dal canto loro, contano di votare l'impeachment probabilmente entro Natale e stanno già preparando il rapporto per la definizione dei capi d'accusa, che potrebbero spaziare dalla corruzione all'abuso di potere e all'ostruzione della giustizia.
Per ora non sono previste altre deposizioni e la speaker della Camera Nancy Pelosi ha escluso di attendere le decisioni dei tribunali sulla mancata comparizione di altri testi, come il segretario di Stato Mike Pompeo e il chief of staff Mick Mulvaney. O dell'ex consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, che proprio oggi ha postato un messaggio criptico: "felice di essere tornato su Twitter dopo più di due mesi. Per i retroscena, restate sintonizzati. C'è dell'altro". Sulla Fox il tycoon ha accusato l'ex ambasciatrice Usa a Kiev Marie Yovanovitch - che ha testimoniato contro di lui - di essersi rifiutata di esporre la sua foto nell'ambasciata, ma i legali della diplomatica hanno smentito seccamente. Poi ha sostenuto che David Holmes, diplomatico americano all'ambasciata Usa in Ucraina, si è inventato di aver sentito in un ristorante di Kiev una telefonata in cui Trump chiedeva conto all'ambasciatore Usa all'Ue Gordon Sondland delle "indagini" sui Biden. Peccato che anche Sondland abbia confermato il colloquio. L'entourage del presidente e i repubblicani considerano ormai inevitabile la messa in stato d'accusa e per questo stanno mettendo a punto alla Casa Bianca la loro strategia. L'idea è quella di un processo veloce al Senato, al massimo due settimane a gennaio, per evitare che lo show politico e mediatico si trascini troppo a lungo.
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