L'Italia conta sugli Stati Uniti per il caso marò. Il complicato dossier è arrivato anche sul tavolo di Villa Madama e, come annunciato ieri, il premier Matteo Renzi ne ha parlato con il presidente americano Barack Obama, nell'ambito di quella "internazionalizzazione" della vicenda che il governo sta perseguendo negli ultimi mesi. E lo ha ringraziato, non solo per il sostegno avuto fin qui, ma anche per quello che ancora potrà dare in futuro.
"Abbiamo parlato della vicenda dei due marò illegalmente trattenuti in India. Ho ringraziato il governo degli Usa per il supporto dato in questa fase di discussione internazionale e ho chiesto al presidente Obama di poter contare su un ulteriore appoggio e sostegno", ha detto Renzi in conferenza stampa.
Soddisfatto il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri, che ieri aveva chiesto che "i nostri vertici istituzionali ponessero a Obama la questione dei nostri marò con decisione, esigendo sostegno dai nostri alleati per porre fine al sequestro in India dei nostri fucilieri". "È positivo - ha commentato oggi il senatore azzurro - che Renzi abbia posto il problema dando voce a una esigenza molto avvertita nel paese e nel Parlamento".
Schierata al fianco dell'Italia c'è anche l'Ue: "L'Europa - ha assicurato il vicepresidente della Commissione Ue Antonio Tajani - è pienamente impegnata per risolvere il problema e dovrà continuare a farlo perché credo che la sua voce può dare un contributo importante rafforzando la posizione di uno Stato membro". E la posizione italiana è chiara: Roma non riconosce la giurisdizione indiana sulla vicenda che ha coinvolto due militari italiani in servizio antipirateria e, quando comincerà il processo, i due marò non compariranno in tribunale. Intanto il governo ha avviato le procedure per l'arbitrato internazionale.
Domani a New Delhi è attesa l'ennesima udienza della Corte Suprema sul caso dei due fucilieri che, a oltre due anni dall'incidente nel quale sono morti due pescatori indiani, restano ancora senza un capo d'accusa. L'Alta corte indiana deve ora decidere sul ricorso presentato da Massimiliano Latorre e Salvatore Girone contro il fatto che sia la polizia antiterrorismo Nia a condurre le indagini, nonostante sia stata esclusa la legge antipirateria Sua Act. "Qualunque cosa accadrà il 28 marzo, noi al processo non andremo. La posizione italiana è fermissima: niente processo", ha avvertito ieri l'inviato speciale del governo Staffan De Mistura davanti alle Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato.
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