I giudici di Milano hanno dato una mano alla stabilità del governo. Non è stato solo Silvio Berlusconi a tirare un sospiro di sollievo: se il cavaliere ha visto svanire l'incubo degli arresti domiciliari, Matteo Renzi sa che ora da Forza Italia non dovrà salire sulle barricate in difesa del suo capo, mettendo a rischio il patto sulle riforme.
Un patto, è bene ricordarlo, che si riverbera anche sulla tenuta della maggioranza di governo e consente a Renzi di guardare con serenità alla sua permanenza a Palazzo Chigi. L'agibilità politica che Berlusconi otterrà da Milano (si prevede ampia libertà di movimento, con solo qualche limite negli spostamenti fuori dalla Lombardia) gli permette di essere in campo durante la campagna elettorale per le europee. Unica accortezza, quella di non mettersi a polemizzare con i giudici, pena il rischio, evocato dal sostituto pg di Milano, di vedersi revocare l'affido ai servizi sociali e di trovarsi recluso nella sua casa di Arcore. Uomo avvisato mezzo salvato: c'è da scommettere che il Cavaliere si atterrà alle indicazioni e non darà pretesti al tribunale per togliergli il beneficio dell'affidamento in prova. Renzi, per parte sua, non ha alcun interesse a drammatizzare i guai giudiziari di Berlusconi: e infatti il premier sta ben attento a sorvolare sull'esecuzione della pena del Cavaliere. La sua strategia è ormai tutta proiettata sulla campagna elettorale per le europee, dove si gioca la sfida per la supremazia politica. Il presidente del Consiglio, nelle sue uscite pubbliche, rispolvera con piacere i suoi vecchi panni da rottamatore e mena fendenti contro banche, manager pubblici strapagati e politici che non vogliono cedere la poltrona. E' evidente il suo tentativo di sottrarre elettori non solo a Berlusconi ma anche a Grillo. Oggi esclude manovre bis, annuncia una "lotta violenta alla burocrazia" e si impegna a realizzare il suo programma di riforme a tempo di record: se tra un anno non si vedranno risultati "vorrà dire che anche noi siamo dei chiacchieroni". Ma la sicurezza di Renzi deve fare i conti con la realtà: il premier non può ignorare che il Fondo Monetario Internazionale chiede che i tagli della spesa e delle tasse siano permanenti e non "una tantum". Allo stesso modo Renzi non può ignorare i malesseri della minoranza Pd sulla riforma del sistema bicamerale. Recentemente a Palazzo Chigi si è fatta strada un'altra preoccupazione: che una eccessiva penalizzazione di Forza Italia nelle elezioni europee (tutti i sondaggi mostrano il partito di Berlusconi al suo minimo storico, alcuni lo collocano addirittura poco sopra il 15 per cento) possa fermare il cammino dell'Italicum. La nuova legge elettorale prevede infatti il doppio turno tra le due coalizioni vincenti (a meno che uno schieramento superi la soglia del 37per cento), ma di fronte al rischio che al ballottaggio arrivi Grillo invece del centrodestra potrebbe indurre Berlusconi a rivedere i termini dell'accordo.
Nel frattempo Renzi è chiamato a dare un segno di cambiamento nella delicata partita sulle nomine dei vertici delle aziende pubbliche. Lunedì prossimo si vedrà quale sarà il tasso di rinnovamento che sarà capace di imporre il governo del rottamatore.
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