La scure di Renzi si abbatte anche sulla Rai. La tv pubblica dovrà "concorrere al risanamento con 150 milioni di euro", spiega il premier in conferenza stampa a Palazzo Chigi illustrando i contenuti del decreto sul taglio dell'Irpef. Il premier lascia all'azienda la facoltà di scegliere come contribuire: "E' autorizzata a vendere Rai Way e riorganizzare le sedi regionali, ma deciderà lei che cosa fare".
Parole che gelano il clima nei corridoi di Viale Mazzini, già in fibrillazione per le indiscrezioni circolate nei giorni scorsi, con l'Usigrai che protesta parlando apertamente di "taglio di dubbia legittimità" e di rischi di "impatto pesante per l'azienda e l'occupazione" e il segretario Fnsi Siddi che invita a "non impoverire la funzione di servizio pubblico" L'ipotesi messa a punto dal commissario alla spending review Carlo Cottarelli sarebbe - a quanto si apprende - quella di un prelievo diretto, da parte del ministero dell'Economia, di una quota di 150 milioni degli introiti da canone (nei rumors si era parlato di 170 milioni, pari al 10% del totale). All'azienda, poi, la libertà di scegliere le modalità per recuperarli, anche se la strada 'principe' che sembrerebbe suggerita da Renzi è la valorizzazione di Rai Way, la società che gestisce gli impianti di trasmissione. Un dossier non nuovo - se ne parlò nel 2001, in epoca Cappon-Zaccaria, quando gli americani della Crowne Castle arrivarono a valutarne il patrimonio 1.750 miliardi di lire (circa 900 milioni di euro) e che secondo Mediobanca potrebbe fruttare oggi 600 milioni - ma certo un'ipotesi non di scuola, in un momento in cui è alta l'attenzione sulle reti (Mediaset ha appena venduto il 25% del capitale di Elettronica Industriale).
"Sono stupito: non commento le agenzie, voglio prima vedere il testo del decreto", taglia corto il consigliere di amministrazione Antonio Verro. Ma l'irritazione in azienda è palpabile, e non solo perché il 'prelievo' da 150 milioni non è accompagnato da alcun impegno da parte del governo sull'eterno fronte del recupero dell'evasione del canone, che si aggira sui 500 milioni l'anno, come ricorda l'Usigrai. L'agitazione è legata anche alla probabile estensione all'azienda del tetto di 240 mila euro che Renzi ha definito "insormontabile" per tutti i dirigenti pubblici. Un limite destinato ad incidere - si apprende - sui compensi di una quarantina tra dirigenti e giornalisti della tv pubblica. Se Usigrai e Fnsi bocciano anche l'ipotesi di 'svendita' di Rai Way e di riorganizzazione delle sedi regionali e il presidente Adrai Lorusso Caputi è convinto piuttosto che l'azienda debba proseguire "il processo di ottimizzazione interno", dal Pd il renziano Michele Anzaldi, segretario della commissione di Vigilanza, plaude alla 'rivoluzione' di Renzi:
"Il provvedimento che impone a Viale Mazzini di contribuire al risanamento metterà l'azienda, che conta decine di direzioni, di fronte all'esigenza di una vera riorganizzazione ed alla necessità di ridurre in maniera seria sprechi e spese inutili". Chi lo conosce bene, assicura che Renzi ha tutta l'intenzione di andare avanti: si spiegherebbe così la decisione di tenere per sé la delega sulla Rai, lasciandosi le mani libere per andare fino in fondo.
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