Matteo Renzi dice di amare le imprese difficili e di divertirsi a sfidare a viso aperto chi, come i senatori, saranno 'vittime' delle riforme del governo. E così stasera il premier ingaggia, a Ballarò, un duello con Giovanni Floris sui tagli di 150 milioni previsti per la Rai. "Anche la Rai deve partecipare dei sacrifici, tocca anche a voi", sostiene lapidario, distinguendo tra "tagli agli sprechi e ai cda" e licenziamento di lavoratori che, anzi, "non ci saranno". A dieci giorni dalle elezioni, il presidente del consiglio va in tv a marcare la differenza tra Beppe Grillo e Silvio Berlusconi, che "sfoggiano gli evergreen di sempre, complotti e marce su Roma", e il governo che "sta cambiando l'Italia". A dispetto di chi, attacca Renzi, "ripete che non ce la faccio e mostra dubbi, preoccupazione e scetticismo". A scanso di equivoci, Giovanni Floris assicura che lui non è un gufo ma vuole solo fare il suo mestiere e per oltre mezz'ora di intervista il confronto tra i due è vivace: "uno scontro violento", lo definirà il premier al termine della trasmissione.
Il botta e risposta è serrato non solo sui tagli alla Rai, ma anche sulle coperture per il taglio dell'Irpef, in particolare sull'aumento dell'aliquota al 26% per le quote di Bankitalia. Al giornalista che paventa il rischio di nuove tasse, il premier ribatte: "Lei descrive uno scenario di fantapolitica, per la prima volta il governo paga le tasse. C'è una questione che va oltre la Rai, Floris, e le ricordo che io, che non ho neanche l'età per fare il senatore, vado in Senato a dire che lo elimino: figuriamoci se ho paura di venire qui a dire che bisogna vendere RaiWay e andare a vedere negli sprechi delle 20 sedi regionali". Il presidente del Consiglio è in campagna elettorale ma assicura che dal 26 maggio non cambierà "la linea del governo" perché "l'Italia sta cambiando ed è in corso un derby tra chi tifa perché l'Italia vada male, affondi nella peste e l'oltretomba e chi invece si rimbocca le maniche e lavora".
Giovedì Renzi assicura che il governo risolverà la vertenza Electrolux, così come riuscirà a vincere la sfida dell'Expo e a chiudere con la cultura di Tangentopoli che 20 anni dopo ha visto ancora in campo Primo Greganti e Stefano Frigerio: "Sarà bene che chi prende le tangenti abbia l'interdizione dai pubblici uffici e paghi per sempre. Ora Cantone vigilerà sui procedimenti degli appalti rimasti in essere". Per il premier l'Italia deve cambiare anche in Europa a partire dall'uso dei fondi europei. "Sono 183 i miliardi non spesi perché la classe politica ha solo puntato al consenso immediato", sostiene Renzi, che domani sarà a Napoli, Reggio Calabria e Palermo proprio per promuovere l'importanza dei finanziamenti comunitari. Ed è sul futuro dell'Europa che il leader del Pd marca la distanza da Grillo e Berlusconi: "Io non dirò mai che chi li vota è un coglione. Ma a Bruxelles non si va in gita premio", a parlare di "sirene o microchip nella pelle". Per questo Renzi è convinto di aver candidato per l'Ue gente preparata ed espressione del Pd, un "partito democratico, dove non si espelle nessuno, mica come l'M5S, dove si è compiuta una metamorfosi e Grillo prima ha cacciato la Salsi perché andava in tv e ora dovrebbe essere espulso perché va a Porta a Porta".
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