Occhi stanchi e aspetto provato: la cancelliera ha chiaramente dormito poco, domenica notte. Difficile dire se per attendere i voti italiani, o per riflettere su quelli tedeschi. Fatto sta che, a sentirla parlare all'indomani delle europee, il suo frasario è quello di una quasi-socialdemocratica: ''Notevole e deplorevole'' l'avanzata dei populisti euroscettici, ma ''la risposta ai delusi è nella crescita, nella competitività, nel lavoro''. Il punto oggi non è la modifica dei trattati, ha spiegato, ''la gente vuole sapere cosa l'Europa porti nella sua vita''. E l'enorme disoccupazione giovanile in molti paesi europei è il tema cruciale, sottolinea. ''Su questo dobbiamo lavorare meglio nei prossimi 5 anni'', la conclusione.
Chi la ascolta parlare ogni giorno sa che questi argomenti non sono affatto nuovi nel discorso pubblico di Angela Merkel, ma sono le dosi a impressionare. Di debiti e di rigore non vi è traccia, infatti, nel commento post-elettorale. In parte questo potrebbe significare che il segnale, alla fuoriclasse della politica, dai socialdemocratici di Martin Schulz, sia già arrivato. Ma vuol dire anche che i continui richiami al risparmio fossero una necessità soprattutto elettorale. Strategia che peraltro, ancora una volta, ha funzionato: la Germania è l'unico Paese in cui gli eurscettici - qui motivati da ragioni speculari rispetto a quelli che spingono il sud Europa - non ha raggiunto il consenso a due cifre silenziosamente sperato, fermandosi al 7%.
La cancelliera lungimirante ha certamente più di una preoccupazione di fronte al recupero dei socialdemocratici e questo nonostante il netto distacco di quasi dieci punti con la sua Unione. Come rilevano diverse analisi, adesso si trova con due problemi: la concorrenza dei raffinati economisti antieuro di Alternative fuer Deutschland a destra, e il linguaggio stantio dei vecchi populisti della Csu, che proprio nella sua Baviera, col registro grossolanamente antieruoepeo, ha segnato un flop pagato dai cristiano-democratici. Nei prossimi mesi Merkel, che ha escluso ogni collaborazione con i professori antieuro di Bernd Lucke - non cambierà tattica nei loro confronti, ha detto, ma ne curerà l'elettorato convincendo i tedeschi che sia sbagliato immaginare un'eurozona senza i paesi del sud - dovrà affrontare la questione. Inoltre, per arginare gli alleati socialdemocratici, dovrà governare più attentamente la grande coalizione, che finora ha premiato troppo l'agenda di Sigmar Gabriel.
Intanto proprio col vicecancelliere c'è stato oggi un ennesimo scontro a distanza: Merkel ha ripetuto che per scegliere il candidato alla presidenza della Commissione occorrerà un intenso confronto fra i partiti e i governi (Junker è il nostro candidato, ha detto, sgombrando il campo dall'ipotesi di un terzo nome in corsa). Mentre il capo dei socialdemocratici tedeschi ha chiesto al partito popolare europeo di ''escludere Fi di Berlusconi e Fidesz di Viktor Orban, partiti che non dovranno decidere dello sviluppo dell'Ue''. Infine, sul voto tedescoè interessante il commento della Welt: 'Bravi tedeschi!', scrive, definendo ''esemplare'' il comportamento dell'elettorato tedesco in Europa. Per l'ampia partecipazione - un 48% - a un voto col quale si giocava una partita effettivamente europea, e per il netto schieramento in favore delle forze europeiste.