Fiscal Compact, Six-Pack e Two-Pack sono tutti rafforzamenti del Patto di stabilità e finora l'Europa dell'austerity li ha interpretati alla lettera tralasciando - salvo eccezioni - gli elementi di flessibilità in essi contenuti. Ma per aiutare la crescita, ora l'accento si sposta sui margini di manovra.
Ad esempio, la 'Flessibilità in tempo di crisi' è un capitolo del Patto: "Se la crescita si deteriora inaspettatamente, gli Stati con deficit sopra il 3% possono avere più tempo per correggerlo, a patto che facciano gli sforzi strutturali necessari". Ed è una concessione già fatta negli ultimi anni a Spagna, Francia, Portogallo e Grecia.
Anche il Fiscal Compact prevede la flessibilità: "Si può deviare temporaneamente dall'obiettivo di medio termine (pareggio di bilancio, ndr) o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo solo in circostanze eccezionali", ovvero "eventi inconsueti che abbiano rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria della pubblica amministrazione oppure periodi di grave recessione economica". Ovvero: gli sforzi di consolidamento si possono 'aggiustare' se un Paese è in difficoltà, anche perché gli obiettivi di bilancio (3% di deficit e 60% di debito) furono scritti presuppondendo un ritmo di crescita al 3% e un'inflazione al 2%. E oggi viaggiamo su livelli di crescita attorno all'1% e con il rischio di deflazione.
C'è poi la famosa 'clausola degli investimenti', che a novembre scorso fu negata all'Italia: anche questa consente "deviazioni temporanee" dal raggiungimento del pareggio, ma solo se si rispetta la regola di riduzione del debito e per questo l'Italia ricevette un 'no' in risposta. Ma anche quel rifiuto fu dettato da un'interpretazione molto rigida delle regole, voluta dall'attuale Commissione Ue, e che potrebbe cambiare con il nuovo esecutivo.
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