Una legge di Stabilità espansiva, orientata alla crescita, per portare il Paese fuori dalle secche della recessione. Alla vigilia di una settimana clou per la definizione della legge di bilancio per il 2015 sono chiari gli obiettivi ma ancora non c'è certezza sulle strade che si percorreranno per raggiungerli. E nemmeno sul giudizio che arriverà da Bruxelles, visto che il governo, in nome delle 'circostanze eccezionali', ha spostato al 2017 il pareggio di bilancio, sfruttando nel frattempo i margine della flessibilità per fare interventi in deficit (per circa 11 miliardi).
Il resto dei fondi (la manovra oscilla tra i 20 e i 25 miliardi) dovrebbe arrivare da tagli di spesa (molto inferiori a quanto preventivato, probabilmente sotto i 10 miliardi) e dalla lotta all'evasione fiscale. Un punto fermo sarà messo probabilmente lunedì, quando il premier Matteo Renzi e il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan si incontreranno per vagliare le risorse (reperite e da reperire) e gli 'impieghi' per cui saranno usate. La scelta, prima che tecnica, sarà politica, perché ancora si starebbe valutando, dicono gli uomini al lavoro sui tanti dossier aperti, se fare una manovra più 'stressata' o più 'morbida', chiedendo cioè meno sacrifici in particolare agli enti locali.
Di sicuro il governo manterrà l'impegno di rendere permanete il bonus degli 80 euro (per cui servono almeno 7 miliardi). E aggiungerà altre risorse (circa due miliardi) per ridurre ancora il carico fiscale sulle imprese. Più incerto, invece, l'arrivo in busta paga del Tfr (dopo la contrarietà dei piccoli arriva anche il no del leader di Confindustria, Giorgio Squinzi) che, assicura da ultimo il viceministro dello Sviluppo Carlo Calenda, si farà solo se non crea danni alle imprese. Ma le difficoltà per garantire liquidità alle Pmi ancora non sarebbero state superate.
Più sicura, invece, la conferma dei bonus per le ristrutturazioni (al 50%) e l'ecobonus (al 65%) per gli interventi di efficientamento energetico. "Sono certo che nella legge di Stabilità questo provvedimento ci sarà" assicura il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, ricordando che era stato proprio il suo ministero a "volere con forza l'aumento dal 50 al 65%". Bonus che nel 2013 hanno fatto segnare 33 miliardi di investimenti (circa 2 punti di Pil, si fa notare) e portato nelle casse dello Stato 5 miliardi di euro di Iva.
Ma ci sono anche da trovare 1 miliardo per superare il patto di stabilità interno, stesso stanziamento da destinare alla "buona scuola", mentre per i nuovi ammortizzatori sociali del Jobs act si cerca 1 miliardo e mezzo. Le spese indifferibili ammontano a 4-5 miliardi di euro, mentre le coperture lasciate in eredità dal governo Letta sono di 3 miliardi. Il margine sul deficit (la differenza tra il 2,2 tendenziale e il 2,9 programmato) copre circa la metà delle esigenze. Il resto dovrebbe arrivare in gran parte dalla revisione della spesa. Che sarà ridotta rispetto ai 16 miliardi indicati nei mesi scorsi, in primis perché il famoso 3% chiesto ai ministeri avrebbe portato a risparmi inferiori alle aspettative.
Ma anche perché una spending review troppo 'aggressiva' avrebbe effetti recessivi indesiderati nel breve periodo. Nel novero di chi sarà chiamato a fare 'i compiti', comunque, insieme a dicasteri, Comuni e Regioni ci dovrebbe essere anche la sanità. Salvo il Fondo sanitario per il 2014, infatti, per il 2015 le certezze vacillano ed è in corso una delicatissima trattativa tra governatori e Palazzo Chigi. Perché i budget 'extra-sanitari' sarebbero già al lumicino e se si chiede alle autonomie l'ennesimo sforzo, è il ragionamento, non si può che andare a ritoccare gli oltre 110 miliardi del Fondo. Si arriverà quasi certamente ad un taglio di fondi alla sanità per il 2015 ma tuttavia i governatori sperano, mettendo a frutto il dialogo aperto da tempo col Governo, che si preveda qualche compensazione che vada a loro vantaggio.