Dovrebbero essere i cittadini, nella primavera del 2016, ad approvare o bocciare la riforma della Costituzione: e' questo l'obiettivo temporale e politico che si e' dato il governo. A frapporsi a questo percorso sono le possibili divisioni interne al Pd e i voti segreti che il regolamento del Senato consente. L'articolo 138 della Costituzione, che stabilisce le procedure per modificare la Carta stessa, prescrive che le modifiche alla Costituzione siano approvate nell'identico testo "da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi".
Dopo l'ok della Camera il governo Renzi punta a farla confermare dal Senato entro giugno. Se cosi' sara', la prima fase del cammino parlamentare delle riforme sarebbe compiuta. A quel punto Camera e Senato dovrebbero votare nuovamente il testo del disegno di legge, ma senza poterne piu' cambiare piu' i contenuti: secondo i piani di Palazzo Chigi e della maggioranza, il secondo si' della Camera dovrebbe arrivare a ottobre, il secondo si' del Senato entro dicembre.
Secondo il timing del governo dunque, dopo il probabile disco verde della Camera a marzo, ci sarebbero bisogno di altri tre passaggi parlamentari. Il percorso pero' ha i suoi ostacoli, rappresentati dalla possibilita' che il Senato, quando esaminera' il ddl nei prossimi mesi, potrebbe votarne alcune parti a scrutinio segreto, con tutti i rischi che ne conseguono. La Camera ha infatti tolto dal testo due commi, riguardanti le competenze legislative del futuro Senato delle Regioni, che erano state introdotte a Palazzo Madama grazie ad altrettanti voti segreti. Quindi eventuali emendamenti presentati a Palazzo Madama, che mirassero a ristabilire nel testo queste competenze, dovrebbero essere votati a scrutinio segreto. Se Palazzo Madama dovesse modificare anche una virgola, il testo dovrebbe tornare nuovamente alla Camera, e le letture necessarie per arrivare al si' finale sarebbero non piu' tre ma quattro. Inevitabilmente i tempi preventivati dal governo si allungherebbero di qualche mese.
Ma anche una volta arrivati alla fine del cammino parlamentare il percorso della riforma non sarebbe ancora concluso . Poiche' il ddl sara' con ogni probabilita' approvato con una maggioranza inferiore ai due terzi, scatterebbe la possibilita' di chiedere il referendum confermativo: la Costituzione prevede che la richiesta debba partire da un quinto dei membri della Camera (o in alternativa da cinque consigli regionali o da cinquecentomila elettori) , ma Renzi ha gia' fatto sapere che sarebbe lo stesso Pd a chiederlo per coinvolgere direttamente i cittadini. L'appuntamento con le urne, secondo la scaletta temporale del governo, potrebbe arrivare nella primavera del 2016.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA