Una vita da sbirro, un soprannome da duro, una carriera costellata di successi ma macchiata dall'ombra della Diaz, che neanche l'assoluzione definitiva ha completamente cancellato. Gianni De Gennaro torna ancora una volta al centro delle polemiche dopo la sentenza della Corte di Strasburgo ma lo 'squalo', come da decenni lo chiamano negli apparati di sicurezza, ha sempre parlato molto poco della vicenda. E ogni volta che l'ha fatto ha sempre rimarcato la correttezza del suo operato. Al Comitato d'indagine sul G8, meno di un mese dopo il massacro della Diaz, ammise "eccessi" nell'uso della forza, ma aggiunse che "verosimilmente" furono determinati "dalle condizioni di guerriglia create da criminali violenti e facinorosi". Per quanto riguarda l'ordine pubblico, precisò poi, "l'unico coordinamento spetta alle autorità provinciali di pubblica sicurezza: questore, per gli aspetti tecnici, e prefetto, per quelli politici. Non c'è alcuna dipendenza dal capo della Polizia". Come dire, non ho deciso io l'irruzione. "Nessuno informa il capo della polizia di una perquisizione - proseguì infatti - quella sera mi ha chiamato il questore non per informarmi ma per un'autorizzazione (la possibilità di utilizzare anche i carabinieri, ndr) che competeva alle mie responsabilità: io risposi affermativamente ma dell'esito della perquisizione e dei dettagli lo appresi successivamente".
Sette anni da capo della polizia, primo e unico non americano ad aver ricevuto la massima onorificenza dell'Fbi - lo 'Sterminatore di draghi' lo chiamò il direttore dell'Agenzia Robert Mueller quando nel 2006 gli appuntò al petto la Medaglia al Merito - quattro alla guida dei servizi segreti e uno da tecnico prestato alla politica come sottosegretario con delega agli 007 da cui ha spiccato il volo per la presidenza di Finmeccanica, De Gennaro e' sempre stato un uomo con le idee molto chiare e capacita' riconosciutegli anche dai suoi nemici. "All'inizio degli anni novanta mi diedero un pezzo di carta e mi dissero 'fai la Dia' - racconto' una volta - Non avevo nulla.
Con l'autista ci fermavamo in una traversa di via Barberini e in macchina scrivevo le relazioni. La differenza e' che di rifiuti ho dovuto studiare, di mafia qualcosa sapevo". E in effetti, a combattere la mafia De Gennaro ha passato buona parte della sua vita, artefice di quella squadra di investigatori che annoverava tra le sue fila l'ex capo della Polizia Antonio Manganelli e l'attuale capo Alessandro Pansa. Nel 1984, 11 anni dopo esser entrato in polizia, lo Squalo arriva alla Criminalpol per dirigere lo Sco. Sono gli anni in cui si solidifica il rapporto con Giovanni Falcone, che affianca per 11 anni: da Roma alla Sicilia fino agli Usa, le operazioni antimafia firmate dai due hanno fatto storia: Pizza Connection, Iron Tower, la collaborazione di pentiti del calibro di Tommaso Buscetta e Totuccio Contorno, l'arresto di latitanti quali Zaza, Vernengo, Lucchese. Fino all'arresto del 2006 dell'allora numero uno di Cosa Nostra Bernardo Provenzano. Un anno prima del G8 arriva sulla poltrona più importante del Dipartimento. "Il primo spunto concreto di indagine per venire a capo della strage di Capaci - disse il giorno del suo insediamento l'ex capo della procura di Palermo Giancarlo Caselli - lo fornirono gli uomini da lui coordinati". Poi arriva il 2001, l'anno nero. Subito dopo le giornate di Genova, in una delle rare interviste, disse di non aver mai pensato di dimettersi. Dai processi, De Gennaro è uscito pulito: accusato di aver istigato alla falsa testimonianza l'ex questore di Genova, è stato assolto dalla Cassazione "perche' il fatto non sussiste". Lui non parlò; e il suo avvocato si limitò a dire che "è molto soddisfatto".
Undici anni dopo, quando i supremi giudici condannarono i suoi uomini - Gratteri, Luperi e Caldarozzi - lo Squalo sentì invece il bisogno di tornare su quelle vicende per esprimere "affetto e umana solidarietà" per quei funzionari condannati, "di cui personalmente conosco il valore professionale". Ma, ufficialmente per la prima volta, parlò anche di "profondo dolore" per tutti quelli che "a Genova hanno subito torti e violenze". "Per quanto mi riguarda - aggiunse - ho sempre ispirato la mia condotta e le mie decisioni ai principi della Costituzione e dello Stato di diritto. E continuerò a farlo con la stessa convinzione".
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