Dopo la crisi diplomatica scatenata con il Vaticano per le parole del Papa sul genocidio armeno, la Turchia ha ora gli occhi puntati sul presidente americano Barak Obama - scrive oggi Hurriyet - nel timore che anche lui pronunci "la parola che Ankara non vuole sentire" in occasione del centenario il 24 aprile dell'inizio dei massacri.
Fonti diplomatiche hanno indicato che Ankara sta attuando forti pressioni sull'amministrazione americana "per evitare che Obama usi la parola genocidio dopo il Papa". L'ambasciata turca a Washington e diverse organizzazioni "lavorano duramente per prevenire questo scenario", spiega il quotidiano, usando anche minacce velate: "non vogliamo pensare che Washington voglia agire in una maniera che possa fargli perdere il più importante alleato nella regione" hanno precisato le fonti.
Proseguono intanto i preparativi per le celebrazioni della battaglia di Gallipoli del 1915, organizzate quest'anno dalla Turchia il 24 aprile secondo l'Armenia per cercare di distrarre l'attenzione del mondo dalle commemorazioni del centenario del genocidio a Erevan. Il presidente islamico turco Recep Tayyip Erdogan ha invitato 102 paesi ad assistere alle cerimonie di Gallipoli. Secondo Hurriyet 30 capitali avrebbero accettato di inviare rappresentanti. La lista di questi paesi sarà però resa nota all'ultimo minuto secondo il quotidiano per evitare che l'Armenia eserciti pressioni su di loro. Diversi capi di stato, fra cui il russo Vladimir Putin e il francese Francois Hollande, hanno invece già fatto sapere che saranno il 24 ad Erevan.
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