L'Italicum supera il penultimo ostacolo che lo separa dal divenire legge dello Stato. La Commissione Affari costituzionali della Camera ha approvato il testo che da lunedì prossimo sarà in Aula. Un passo importante ma in un clima di forte tensione: tutte le opposizioni hanno infatti disertato la Commissione, mentre la sinistra interna del Pd, divisa in almeno quattro filoni, rende ancora indecifrabile il suo atteggiamento in Aula, dove non si può escludere la fiducia, la quale a sua volta non può ancora escludere una sua clamorosa bocciatura. Tanto che il premier Matteo Renzi ha ribadito la propria sfida: "non ho paura delle elezioni". In Commissione la riforma elettorale è stata approvata all'unanimità, con Sc e Pi che hanno messo da parte le iniziali perplessità. L'unanimità è stata possibile grazie alla presenza della sola maggioranza e alla sostituzione di 9 deputati della minoranza Dem. Ora, a livello parlamentare, si presentano due problemi in Aula: che le opposizioni facciano "Aventino" come in commissione, e che il governo ricorra alla fiducia per superare i rischi connessi agli eventuali voti segreti. Su entrambi i punti il ministro Maria Elena Boschi ha lanciato un appello: alle opposizioni a essere presenti in Aula (cosa su cui sta lavorando anche la presidente della Camera Laura Boldrini) e a tutti, opposizioni e minoranze Pd, a non ricorrere al voto segreto: "le battaglie si facciano a viso aperto". Ma Renato Brunetta non solo ha annunciato che invece farà richiesta di voto segreto su tutti gli emendamenti su cui il Regolamento di Montecitorio lo consente, ma lo chiederà anche sul voto finale al provvedimento. Ora la fiducia può essere posta sul testo della legge per superare i primi voti segreti, non può esserlo sullo scrutinio voto finale. "Paura eh?" ha sbeffeggiato il governo Brunetta. Che Forza Italia intenda mantenere l'attuale profilo "di lotta" lo ha confermato Silvio Berlusconi nella riunione con i suoi deputati: "Non possiamo consentire a Renzi - ha detto - di prendere il potere totale con il 30% dei voti, con una legge che di fatto con lo sbarramento al 3% polverizza l'opposizione". Insomma un "soccorso azzurro" sull'Italicum come in Senato il 27 gennaio scorso è al momento difficilmente immaginabile. Nella minoranza del Pd poi si registrano quattro linee diverse. C'è una parte di Area Riformista che dice "basta" al tira e molla e chiede di dichiarare subito il sì all'Italicum in Aula; un'altra parte della stessa corrente insiste nel chiedere una trattativa sul merito sino all'ultimo; alcuni Big, come Pierluigi Bersani o Rosi Bindi sono contrari alla legge ma per evitare il "no" alla fiducia uscirebbero dall'aula; infine c'è chi, come Pippo Civati o Stefano Fassina, mira alla spallata al governo e non solo all'Italicum. Uno scenario che aleggia ormai da giorni e a cui Renzi ha risposto senza giri di parole: "non ho paura delle elezioni". Urne che si terrebbero con il Consultellum, un proporzionale puro dove nessuno vincerebbe e la parola passerebbe ai partiti dopo le urne. Un sistema che piace a tutte le opposizioni e, come ha detto Alfredo D'Attorre il 31 marzo scorso, anche alla minoranza Dem.
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