Il ddl di riforma della scuola ha acceso gli animi sin dalla sua nascita, e continua ad essere una miccia accesa per le tante sigle sindacali che gravitano intorno al mondo dell'istruzione. Anche dopo il via libera al testo dato ieri dalla Commissione Cultura della Camera. Tuttavia secondo molti addetti ai lavori, alla base delle polemiche scoppiate sul ddl 'La Buona Scuola' (il numero 2994 presentato dal governo il 27 marzo) ci sono sì questioni legate ai contenuti, ma soprattutto uno spirito 'dirigistico' che ha fatto storcere il naso rispetto allo scenario degli ultimi 20 anni. Un concetto fatto proprio meno di una settimana fa dal MoVimento 5 Stelle, tra i più strenui oppositori del ddl, che chiedeva uno stralcio del provvedimento mantenendo soltanto la parte sulle assunzioni. Il braccio di ferro con i sindacati nel frattempo si sta traducendo anche in possibili ricorsi, come ha fatto ad esempio l'Anief: i tanti 'contro' includono la chiamata diretta dei presidi dagli albi territoriali, l'obbligo di assunzione su sostegno, le mancate assunzioni sui posti vacanti in organico del personale Ata e la cancellazione delle graduatorie ad esaurimento.
Tematiche diverse, quindi, su cui ieri la Commissione della Camera ha cercato di operare una mediazione. Ma l'opposizione e le tante sigle sindacali che gravitano attorno alla scuola continuano a puntare il dito su capitoli incandescenti come la valutazione dei docenti, le assunzioni (con il concorso dell'1 ottobre prossimo) e il 5 per mille. Ma il lavoro nella Commissione Cultura qualche risultato lo ha fatto incassare alle opposizioni, tant'è che il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini ha sottolineato il punto di vista del governo, per il quale il ddl "ha una valenza politica e culturale molto forte perché il testo ne esce arricchito e integrato con la risoluzione di alcuni nodi tecnici e politici che ci aspettavamo e siamo lieti siano stati sciolti già alla Camera".
Tra i capitoli più caldi quello del preside, che ha fatto arrabbiare molti per un presunto aumento indiscriminato dei suoi poteri. Ebbene, utilizzando una metafora cara al premier Matteo Renzi, dopo le modifiche apportate il suo ruolo somiglierà di più a quello di un 'sindaco', quindi con responsabilità sull'autonomia della scuola, ma con il contributo diretto di docenti, genitori e naturalmente studenti, i quali nell'ambito del consiglio d'istituto valuteranno e approveranno il progetto dell'offerta formativa triennale. Lo stesso 'terzetto' eleggerà un comitato di valutazione per premiare gli insegnanti più operosi, influenzando così la direzione che dovranno prendere i 200 milioni annui stanziati con il bonus qualità. Un altro punto di rilievo, 'conquistato' sul campo dalle opposizioni in Commissione Cultura, è l'inversione di marcia su parte degli idonei del concorso 2012, la cui assunzione non era prevista negli oltre 100mila precari da regolarizzare entro settembre, che però verranno assunti nel 2016.
Il governo inoltre metterà mano con una nuova delega alle modalità per diventare insegnanti negli istituti superiori, per cui necessiterà una laurea e, al termine di un concorso, si potrà disporre di un contratto di apprendistato di 3 anni in cui si potrà affiancare un insegnante in aula. Altro tema scottante è quello del 5 per mille, sul quale ieri la relatrice di maggioranza della VII Commissione, la Pd Maria Coscia, ha spiegato che consentirà il reperimento di "risorse aggiuntive che però non andranno in conflitto con quelle stanziate per il terzo settore". Altro 'fiore all'occhiello' del governo è il fondo di solidarietà, innalzato, in tempo di crisi, dal 10 al 20%, da destinare agli istituti più disagiati. Aumenta anche la detrazione fiscale per le scuole paritarie, pari al 19% fino a un massimale di 400 euro per figlio.
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