Stepchild adoption e diritti/doveri delle unioni civili: è in questi due punti, disciplinati rispettivamente dall'art. 5 e dall'art. 3 del testo, che si annidano i due punti critici del ddl Cirinnà. E se la stepchild è ormai da settimane il nodo gordiano che il Pd non riesce ancora a sciogliere per trovare un punto di caduta, i Cattodem hanno posto una questione finora non ancora emersa: quella di emendare l'articolo 3 che, a loro parere, autorizzerebbe, di fatto, l'adozione del figlio del partner. E' stato Stefano Collina, nell'assemblea dei senatori Dem, a porre la questione sottolineando come gli emendamenti a prima firma Giuseppe Lumia non risolvano il problema.
L'articolo 3, nel quarto comma, disciplina le disposizioni del comma 3 (sui diritti e doveri delle coppie gay) chiarendo che queste "non si applicano alle norme del codice civile non richiamate espressamente nel ddl "nonché - ed è qui che si nasconderebbe il nodo - alle disposizioni di cui al Titolo II della legge 4 maggio 1983". Titolo II che, tuttavia, non include l'adozione del figlio del partner, disciplinata dall'art. 44, Titolo IV, della legge sulle adozioni.
Da qui la richiesta Cattodem: cambiare l'articolo 3 perché, così, rischia di essere interpretato come una legittimazione della stepchild. La richiesta, che i sostenitori dell'adozione derubricano come una "trappola", di fatto complica il nodo della stepchild e rischia di allargare la previsione del voto di coscienza sull'art. 5 anche agli emendamenti all'art.3. Con una postilla, illustrata dallo stesso Collina alla riunione: la contrarietà, nel merito, dei cattolici Pd alla stepchild adoption.
Ecco i tempi, i nodi e le tappe del provvedimento:
I nodi - Sotto la lente sono l'articolo 5, con la contestata norma sulla stepchild adoption, ma anche gli articoli 2, 3 e 4 che regolano i diritti e i doveri delle coppie omosessuali. L'articolo 5 introduce una piccola modifica alla legge del 1983 sulle adozioni in casi speciali, prevedendo che in una coppia omosessuale uno dei due contraenti possa adottare il figlio naturale del partner. Il Tribunale dei minori di Roma è già ricorso nel luglio 2014 a questa soluzione, confermata dalla Cassazione. Ma il timore è che essa incentivi l'utero in affitto, vietato in Italia ma praticato in alcuni Paesi esteri. Tra le ipotesi di modifica in campo c'è la limitazione della stepchild adoption ai soli bambini già nati prima della formazione dell'unione. Oppure una sanzione per l'utero in affitto praticato all'estero, che colpisca l'adulto ma non il bambino: una proposta difficile da tradurre in norma. Un altro capitolo, più semplice, riguarda il primo articolo. Alle parole "Le disposizioni del presente Capo istituiscono l'unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale" verrà aggiunto il riferimento all'articolo 2 della Costituzione, per differenziarlo dall'articolo 29, che parla della famiglia. Inoltre nei capitoli 2, 3 e 4 ci sono dei passaggi che fanno riferimento alla famiglia (esempio: "Le disposizioni che si riferiscono al matrimonio si applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso"). Tali riferimenti verranno espunti riscrivendo puntualmente tutti i diritti e i doveri dei due partner dell'unione.
Confronto con la Costituzione - Il testo del DDL CIRINNA' prevede l'istituzione dell'unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale. Dovrebbe essere inserito un riferimento all'articolo 2 della Costituzione (La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale). L'obiettivo è per distinguerlo dall'articolo 29 (La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare).
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