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Trivelle:il nodo concessioni, cuore del referendum

Trivelle:il nodo concessioni, cuore del referendum

Primo quesito Consigli Regionali, in ballo termini scadenze

ROMA, 16 aprile 2016, 20:28

di Paolo Teodori

ANSACheck

Preparativi in un seggio per il referundum sulle Trivelle a Roma - RIPRODUZIONE RISERVATA

Preparativi in un seggio per il referundum sulle Trivelle a Roma - RIPRODUZIONE RISERVATA
Preparativi in un seggio per il referundum sulle Trivelle a Roma - RIPRODUZIONE RISERVATA

Sono 44 le concessioni al centro del referendum che si celebrerà domani, che riguardano in particolare 48 piattaforme eroganti poste entro le 12 miglia. Nel frattempo 9 concessioni sono già scadute e le altre - nel caso in cui domani dovesse prevalere il sì, naturalmente con quorum acquisito - lo saranno entro il 2034, data entro la quale non sarà più attiva nessuna concessione entro le 12 miglia. Nel frattempo già quest'anno sono previste scadenze di concessioni (12), principalmente in Adriatico. In sostanza, in caso di vittoria del 'sì' le concessioni e i permessi già rilasciati e relativi ad impianti entro le 12 miglia avranno una scadenza certa e resteranno attivi fino alla data fissata al momento dell'ottenimento del titolo, che prevede 6 anni per la ricerca e 30 per l'estrazione. A livello produttivo tra le trivelle entro le 12 miglia oggetto del referendum solo 5 estraggono petrolio, contribuendo al 10% della produzione nazionale, mentre le restanti servono all'estrazione di gas, circa il 28% della produzione italiana.

Ma in termini di fabbisogno nazionale nel 2015 le piattaforme entro le 12 miglia hanno soddisfatto rispettivamente il 3 e l'1% per gas e petrolio. Al momento sono circa 130 le piattaforme estrattive presenti nei nostri mari. Secondo quanto previsto dalle leggi vigenti, le concessioni hanno una durata iniziale di 30 anni, prorogabili in una prima fase di altri 10, nella seconda di 5 e nella terza di altri 5. Infine, al termine della concessione, le società petrolifere possono chiedere una proroga delle concessioni fino all'esaurimento del giacimento. La maggioranza delle piattaforme è gestita dall'Eni, che controlla la proprietà di 76 impianti su 92. Nel nostro paese le royalties per le trivelle ammontano al 7% per il gas e al 4% per il petrolio. A fronte di ciò nel 2015 il gettito complessivo da royalties, anche per gli impianti a terra, è stato di 352 milioni, e di 38 milioni per le trivelle marine entro le 12 miglia. A livello europeo, ha ricordato Bruxelles pochi anni fa, le piattaforme attive sono circa 900, maggior parte delle quali attive in Gran Bretagna (490), seguita dall'Olanda (180), Italia (135, di cui 92 entro le 12 miglia) e Danimarca (61). Con meno di 10 impianti attivi risultano essere invece Germania, Irlanda, Spagna, Bulgaria, Romania, Grecia e Polonia. Sul Mediterraneo sono presenti invece, nell'ambito extra-Ue, le trivelle dell'Egitto, Algeria, Libia e Israele.

Tornando al referendum di domani, non si può non ribadire come il quesito sia il primo presentato da almeno 5 consigli regionali nella storia della Repubblica Italiana (art.75 della Costituzione), infatti i precedenti 66 svoltisi finora sono stati promossi tutti attraverso la raccolta firme di cittadini.

Nel caso della tornata referendaria di domani è bene ricordare che i consigli regionali che hanno promosso il referendum anti-trivelle sono Abruzzo (poi ritiratosi), Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto.
   

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