La sponda di Roberto Fico, il fattore tempo, l'obiettivo di un accordo con il Pd. Il nuovo binario imboccato dal M5S per arrivare al governo e alla premiership passa da questi tre elementi, legati a doppio filo in una sorta di cubo di Rubik che, al momento, non vede ancora soluzione. Anche per questo il M5S chiederà al presidente della Camera Roberto Fico altro tempo: l'eventuale firma di un contratto con il Pd richiede infatti diversi giorni perché sia accettata da entrambi i partiti senza traumatiche rotture. L'accordo con il Pd continua a mietere un certo fastidio nella base pentastellata, più benevola nei giorni in cui il capo politico Luigi Di Maio aveva spalancato il forno della Lega. "Meglio al voto, no al Pd!", è ancora oggi - dopo la selva di proteste pubblicate ieri - il primo commento di un militante sul blog al post in cui Di Maio celebra il 25 aprile. Su una cosa, infatti, il M5S e il Pd sembrano perfettamente comparabili: il problema di far "digerire" alle rispettive basi un simile accordo.
E per farlo, a prescindere dalla buona riuscita o meno dell'operazione, "ci vuole un po' di tempo", ammettono dai vertici pentastellati. E' al Pd, comunque, che ora si guarda, usando la possibilità del ritorno al "voto subito" come arma di pressione per Matteo Renzi. L'impressione, dall'altra parte, è che solo una clamorosa virata di Matteo Salvini possa far cambiare idea al M5S. Il forno della Lega, al momento, è spento.
Ma non è detto che non si riaccenderà. Con i Dem "l'accordo si farà, calma", è però in queste ore il refrain che emerge nel Movimento, che oggi riunirà l'assemblea congiunta dei parlamentari per illustrare lo schema di una simile intesa. Parlamentari tra i quali c'è chi guarda con scetticismo un'intesa con chi, finora, è stato combattuto su ogni provvedimento. "Sono entrato nelle istituzioni con un'idea di cambiamento e se qualcuno pensa di allearsi con il M5S deve partire esattamente da ciò che ho detto in campagna elettorale", avverte il senatore Gianluigi Paragone. C'è chi, invece, guarda con un certo favore alla virata "a sinistra" del M5S. E chissà se è un caso che, sui social si succedano messaggi dal tono istituzionale con cui i parlamentari del M5S ricordano la Festa della Liberazione. Una festa vissuta in maniera altalenante in passato e che, nel 2013, Beppe Grillo celebrava con una provocazione: "il 25 aprile è morto".
L'accordo con il Pd passa anche dalla blindatura della premiership per Di Maio. Oggi Fico si dedicherà soprattutto all'ascolto dei partiti e si limiterà a parlare di contenuti e programmi, non di nomi o cariche. E, al momento, l'impressione è che il M5S non abbia alcuna intenzione di fare un passo indietro con un socio numericamente di minoranza. Anche se c'è chi, nel Movimento, comincia a vedere con criticismo la rigidità di Di Maio su Palazzo Chigi. "Finalmente si parla di temi. Il nostro leader è il programma e lo sarà sempre", sottolinea Luigi Gallo sottolineando uno dei concetti chiave del Movimento delle origini.