Ritoccare l'Iva, ma in chiave 'sociale', o avviare una stretta sulle tax expenditures, tante volte annunciata e mai effettivamente realizzata. A 48 ore dal varo della nota di aggiornamento al Def, cornice alla prossima legge di Bilancio, il cantiere della manovra è ancora tutto aperto. Perché non bastano gli 11 miliardi di flessibilità che oramai si danno ormai per assodati a far quadrare i conti, tenendo ferma la volontà di presentare un programma economico espansivo che, oltre a superare l'ostacolo delle clausole di salvaguardia, consenta di finanziare anche un taglio del cuneo.
La riduzione delle tasse sul lavoro è il primo degli obiettivi del Pd, convinto, come sottolinea il segretario Nicola Zingaretti, che sia necessario "alzare gli stipendi a partire da quelli bassi e medi". Ma la lista dei desideri, che già annoverava più fondi per la sanità, chiesti dal ministro di Leu Roberto Speranza, e per la scuola, reclamati dal ministro M5S Lorenzo Fioramonti, si allunga ora con il miliardo che l'Italia viva di Matteo Renzi vuole portare a casa per la famiglia.
Senza contare le richieste della P.a per il rinnovo dei contratti. Difficilissimo che tutte queste richieste vengano accolte: per la famiglia la dote potrebbe salire a mezzo miliardo, dai 300 milioni immaginati inizialmente per azzerare le rette degli asili nido. Le altre misure potrebbero essere rinviate a un ddl collegato, che dovrebbe essere indicato nel Def insieme, tra gli altri, all'istituzione di una banca pubblica degli investimenti. Per i lavoratori, invece, si potrebbero appostare 2 miliardi e mezzo anziché 5 il primo anno, facendo partire il taglio del cuneo da giugno, anziché da inizio anno. Ancora in campo anche l'ipotesi di avvio dopo il primo quadrimestre, dal 1 maggio. A via XX settembre si lavora a pieno ritmo per finire la stesura del documento programmatico, atteso in Consiglio dei ministri lunedì nel tardo pomeriggio.
Sul tavolo del ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, si accumulano i calcoli dei tecnici, ma ancora mancano le scelte politiche definitive. La trattativa con Bruxelles è ancora in corso, e punterà anche su un nuovo maxi-piano di investimenti green da 50 miliardi in 15 anni. Resta forte il pressing per ottenere uno o due decimali in più e poter fissare il deficit programmatico al 2,2-2,3% anziché al 2,1% dove si fermerebbe al momento. Partendo da un tendenziale dell'1,5% si spera così di raggiungere i 13-14 miliardi di indebitamento in più. Che ancora non basterebbero ma avvicinerebbero all'obiettivo di una manovra da 30-32 miliardi senza dover azionare, se non in minima parte, la leva fiscale.
Le alternative per coprire un buco al momento da circa 7 miliardi sono diverse, ma ruotano tutte attorno a un intervento sull'Iva combinato, o in alternativa, a una stretta sulle tax expenditures. Per l'imposta sui consumi in questi giorni si è discusso di aumenti selettivi o rimodulazione dei panieri, ipotesi che hanno sollevato la levata di scudi dei negozianti, da Confcommercio a Confesercenti, che parla di "stangata da 5 miliardi".
Tra le simulazioni c'è una revisione delle attuali aliquote agevolate, tenendo ferma quella al 22%, ma rialzando quella del 10% al 13% e introducendone una nuova all'8%. Oppure c'è il meccanismo del bonus-malus (l'aliquota resta ferma ma si alza di un punto a chi fa acquisti cash e si abbassa di due punti per chi usa la moneta elettronica) che si legherebbe alla logica degli sconti per chi paga con carte e bancomat previsti nel piano anti-evasione. Sempre in questa logica si potrebbe muovere anche un eventuale intervento sulle detrazioni fiscali, dalle spese sanitarie a quelle per i funerali o per lo sport dei figli, da concedere solo a fronte di pagamenti tracciabili. Ma è stata valutata anche l'ipotesi di imporre un tetto di reddito, di legarle all'Isee o di introdurre delle franchigie.
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