La Santa Sede potrebbe conservare dei documenti sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, come il testo della telefonata che arrivò in Vaticano la sera stessa. Ci sono poi ecclesiastici che in quegli anni rivestivano posti chiave e che dunque potrebbero rivelare più di quanto fino ad oggi sia stato fatto. Parole dell'ex Nunzio Carlo Maria Viganò, già salito alle cronache per i suoi attacchi a Papa Francesco. Il racconto di quelle prime ore dalla scomparsa di Emanuela Orlandi è affidato ad Aldo Maria Valli, ex vaticanista della Rai e oggi autore di un blog con posizioni spesso critiche rispetto al pontefice.
Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela che da 40 anni cerca la verità, rilanciò sul suo account Facebook l'intervista con queste parole: "Quella che fino a poco tempo fa potevamo indicare solo come fonte ora ha nome e cognome".
Il racconto di Viganò fornisce nomi e cognomi, luoghi e anche alcune valutazioni personali. Come quella che il cosiddetto "americano", la persona che telefonava in Vaticano per aprire una trattativa con l'allora Segretario di Stato, il cardinale Agostino Casaroli, potesse essere in realtà un maltese.
Secondo la ricostruzione di Viganò, la stessa sera della scomparsa di Emanuela Orlandi, il 22 giugno 1983, intorno alle 20, nemmeno due ore dopo che la ragazza era stata vista uscire dalla scuola di musica a Sant'Apollinare, uno sconosciuto chiamò il Vaticano e chiese di parlare con Casaroli che però era in viaggio, in Polonia, con Giovanni Paolo II. La telefonata arrivò poi alla sala stampa vaticana. "Erano circa le 20, o forse più tardi, quando ricevetti una telefonata da padre Romeo Panciroli, allora direttore della sala stampa vaticana, il quale mi annunciò che era giunta, appunto alla sala stampa, una telefonata anonima che annunciava che Emanuela Orlandi era stata rapita. Padre Panciroli mi disse che mi avrebbe inviato immediatamente via fax un testo con il contenuto della telefonata". Quel testo, secondo Viganò, "deve essere nell'archivio della segreteria di Stato e non so se fu mai dato agli inquirenti italiani". Poi Viganò cita alcuni ecclesiastici che potrebbero essere informati su una presunta trattativa riservata che il cardinale Casaroli avrebbe condotto con coloro che sostenevano di avere nelle loro mani la giovane Emanuela.
"Su questo punto potrebbe sapere qualcosa monsignor Pier Luigi Celata, che era il suo segretario di fiducia", rivela Viganò.
Viganò aveva già rivelato questi fatti alla famiglia Orlandi già nella primavera del 2018, fa sapere Laura Sgrò, l'avvocato di Pietro Orlandi. Quei racconti furono riferiti alle autorità vaticane, garantendo a Viganò, come aveva chiesto, l'anonimato.
"Chiesi di fare delle verifiche sulle persone presenti in Segreteria di Stato quella sera del 22 giugno 1983 ma quella richiesta non ebbe alcun seguito". Per l'avvocato "sarebbe stato, infatti, chiaro, accertata l'esistenza di quella chiamata alla sala stampa vaticana a pochissime ore dalla sparizione di Emanuela, che l'interlocutore dei rapitori non erano gli Orlandi ma la Santa Sede. Non mi risulta sia stata fatta la verifica richiesta. Confido nella coscienza - conclude Sgrò - di chi era presente in quelle ore".
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