Sono servite oltre dieci ore di negoziato a Bruxelles ma alla fine un accordo di principio sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità c'è. Anche se non è definitivo, quindi il Parlamento italiano, e così gli altri, potranno esprimersi nel merito prima che i ministri dell'Economia torneranno a riunirsi a gennaio per mettere il sigillo all'intesa. Per l'Italia, spiega il ministro Roberto Gualtieri, la situazione ora è migliore di prima e quindi non dovrebbero esserci ostacoli ad ottenere il via libera sia della maggioranza di Governo che del Parlamento. E' saltata però la 'logica del pacchetto' più volte evocata dal premier Giuseppe Conte, che subordinava l'ok al Mes ai passi in avanti sull'Unione bancaria. Su quel punto l'Eurogruppo prende atto di un nuovo stallo, perché il testo proposto dalla Germania non va bene né all'Italia né ad altri, e bisognerà aspettare nuovi input: anche l'Italia sta lavorando ad una sua proposta. Sul fronte politico resta però alta la tensione tra maggioranza e opposizione: Gualtieri accusa Borghi e la Lega di voler uscire dall'euro e di essere "nemici degli interessi dell'Italia", e il deputato del Carroccio vede la sua uscita come un tentativo di "camuffare l'ennesimo via libera contro il mandato del Parlamento al Mes". Il presidente dell'Eurogruppo Mario Centeno ha spiegato che c'è "accordo di principio su tutti gli elementi della riforma" del Mes, incluse le "note esplicative" sulle clausole di azione collettiva (cacs), su cui l'Italia si è battuta durante la riunione. Si tratta di un aspetto molto tecnico ma importante per l'Italia che voleva "tutelare i risparmiatori da comportamenti squilibrati", ha detto Gualtieri. Con le regole attuali (dual limb), in caso di ristrutturazione del debito servono due voti: uno per ogni singola emissione, un altro per l'insieme complessivo del debito. Nel caso in cui il voto su una singola emissione fosse contrario si bloccherebbe l'intero processo di ristrutturazione.
Con la riforma del Mes si passa dal 2022 al single limb, ovvero basta un unico voto - sull'intero complesso di debito emesso - per completare la ristrutturazione, che prosegue anche per chi ha votato no. L'Italia ha premuto per una via di mezzo fra le due posizioni, ottenuta con l'introduzione del meccanismo della subaggregazione. In questo caso i titoli di debito vengono aggregati per categorie (ad esempio tutti quelli indicizzati all'inflazione, oppure per determinate scadenze) e si procede con un voto per ogni singola categoria. Nel caso in cui una subaggregazione non raggiunga il voto utile per la ristrutturazione questa comunque procede per le altre classi di titoli che hanno avuto voto favorevole, mentre si ferma per quella in cui è stata bocciata. In questo modo si elimina il problema insorto a volte con la dual limb: alcuni fondi speculativi hanno comprato quote di blocco di una singola emissione compromettendo l'intera ristrutturazione. Su altri dettagli tecnici sollevati da altri Paesi tra cui la Francia, tornerà l'Eurogruppo del 20 gennaio e poi servirà la firma dei leader Ue, verso febbraio-marzo, e poi partirà il processo di ratifica dei Parlamenti.
Sempre se l'accordo raggiunto dall'Eurogruppo basterà a ricompattare la maggioranza al Governo e a convincere il Parlamento. Più incerto invece il percorso dell'ultimo pilastro dell'Unione bancaria, cioè lo schema comune di assicurazione dei depositi (Edis): "Non sarà facile, la discussione di ieri ha mostrato le differenze tra i Paesi", spiega il commissario agli affari economici Paolo Gentiloni. E Centeno annuncia che non c'è nessuna road map in vista a dicembre, come ci si attendeva, perché "non è ancora il momento politico per sostenerla". Non è solo l'Italia contraria alla proposta tedesca che era sul tavolo, e che comprendeva la ponderazione del rischio dei titoli di Stato detenuti dalle banche. Un pericolo ora scampato, sottolinea Gualtieri. Anche altri avevano riserve, e alcuni proprio sull'Edis stessa.