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Scatta la quarantena per chi arriva nel Regno Unito

Efficacia dubbia. Problemi per gli italiani, il business insorge

"Non esiste, è tutto sbagliato, quale turista andrebbe a Gallipoli se fosse poi costretto a rinchiudersi in una stanza d'albergo per due settimane?". Gianluca D'Aversa, titolare di un ristorante pugliese a Londra, affida a una domanda retorica lo stupore e la rabbia, largamente diffuse sull'isola, per la decisione del governo Tory britannico di Boris Johnson d'introdurre l'annunciata quarantena obbligatoria di 14 giorni a chiunque arrivi nel Regno Unito, con o senza sintomi da Covid-19: da trascorrere reclusi nel domicilio (abitazione privata o hotel) da indicare al momento dell'arrivo, e con multe da 1.000 sterline per i trasgressori.
 Mentre l'Europa comincia a riaprire le frontiere, Downing Street va in controtendenza, almeno per le prossime tre settimane. Tra le polemiche di chi - dalle compagnie aeree alle agenzie di viaggio, all'hospitality - confidava nei mesi estivi per un qualche barlume di ripresa economica. Il premier Johnson ha definito il nuovo provvedimento "temporaneo e adeguato", nonostante le resistenze di parte del suo stesso governo e di vari deputati conservatori. Preoccupati per una misura che ha portato diversi vettori - British Airways, Ryanair ed EasyJet - a minacciare furiosamente un'azione legale contro le regole "irrazionali e sproporzionate" volute dall'esecutivo. Regole che rischiano di costare il lavoro - è la denuncia dell'aeroporto di Heathrow - fino a 25mila persone.
Negli ultimi tre mesi, durante la fase più acuta, il Regno è stato in effetti tra le pochissime nazioni occidentali ad aver sempre tenuto aperte le frontiere. Nel solo scalo di Heathrow sono sbarcati dall'estero una media di 15mila passeggeri ogni giorno: centinaia di migliaia in totale - anche dall'Italia, con voli quotidiani da Roma - senza particolari controlli sanitari. Cosa che rende ancor più sorprendente e controversa la decisione attuale, giustificata ufficialmente dalla ministra dell'Interno, Priti Patel, con il timore che il coronavirus, dopo il faticoso calo di contagi sul fronte interno costato oltre due mesi di (parziale) lockdown e più di 40.000 morti, possa rientrare da fuori contribuendo "a una seconda ondata". Ma forse, suggeriscono alcuni commentatori, motivata più da ragioni di consenso politico che di prudenza sanitaria, stando a un sondaggio secondo cui un buon 60% di sudditi di Sua Maestà appare d'accordo con una qualche forma di controllo ai confini comunque sbandierata. 
   

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