Come nelle partite di poker i giocatori alzano la posta per intimorire gli avversari, così in questa crisi di governo latente gli attori in campo drammatizzano lo scontro per spingere gli altri a cedere. La domenica si è infatti segnalata da una parte per la pressione su Conte a riaprire il dialogo con Iv, passando per le dimissioni al Quirinale; dall'altra Luigi Di Maio ha paventato il voto anticipato in caso di bocciatura mercoledì della relazione sulla giustizia del ministro Bonafede alle Camere, dando 48 ore di tempo ai "volenterosi" per uscire allo scoperto. I potenziali responsabili sembrano resistere allo spauracchio delle urne ma la pressione su parlamentari di Iv e centristi resta forte e la tensione sembra alzarsi, nelle ore in cui Palazzo Chigi sceglie il silenzio.
A smuovere lo stallo in mattinata ci ha pensato il ministro Dem Francesco Boccia, uno dei più vicini a Conte, che lo ha invitato a riaprire il dialogo con Iv, rompendo quindi il mantra del "mai più con Renzi" finora ripetuto dai vertici del Pd. "In questa crisi irresponsabile aperta da Iv - sottolinea comunque il titolare degli Affari Regionali - non c'è alternativa a Conte Premier". Anche il capogruppo Dem alla Camera Graziano Delrio, che pure in Aula aveva attaccato Renzi, ha rivolto lo stesso invito a Conte, pur chiedendo al leader di Iv un "gesto" di ravvedimento, un "fatto" oltre alle parole ribadite in giornata da Ettore Rosato o Teresa Bellanova. Un gesto che potrebbe essere per esempio un voto non ostile su Bonafede.
Il problema, infatti, è che in vista del voto mercoledì sulla relazione del Guardasigilli, non si vedono nuove truppe che allarghino l'esiguo drappello dei "volenterosi" emerso la scorsa settimana, come ha confermato uno dei promotori dell'iniziativa, Bruno Tabacci, il quale suggerisce a Conte di rimettere il mandato al Quirinale, riaprire il dialogo con Iv in vista di un Conte ter. La risposta è arrivata da Luigi Di Maio, che ha prima posto un veto a Renzi ("tra Conte e Renzi, scegliamo Conte"); poi ha drammatizzato il voto di mercoledì ("non è un voto su Bonafede ma sul governo") e infine intimato ai potenziali "responsabili" di palesarsi entro 48 ore, cioè entro il voto di mercoledì, altrimenti si "scivolerebbe verso il voto". Le parole di Di Maio a "In mezz'ora" sono state smontate subito dopo da Pierferdinando Casini, anch'egli ospite di Lucia Annunziata: "Di Maio parla di elezioni sapendo che è una bugia", anche perché se dovesse cadere Conte "poi c'è sempre qualcun'altro" su cui si costruisce una maggioranza in Parlamento: ed ecco il "consiglio gratuito" del vecchio democristiano: Conte rimetta il mandato da Mattarella, riapra il dialogo con Renzi, ottenendo il reincarico. Anche Benedetto Della Vedova (+Europa), oggi all'opposizione, rivolge la stessa esortazione come premessa ad un allargamento della maggioranza in chiave europeista. E importanti senatori del Pd, come il capogruppo Andrea Marcucci, il suo vice Gianni Pittella, Dario Stefàno e Stefano Collina hanno palesato l'irritazione verso il muro contro muro di Conte.
In questo scenario Forza Italia, rientrata in gioco sabato con Silvio Berlusconi con la proposta di un governo istituzionale, scommette sul fatto che Conte non ascolti i consigli, venga in Aula per la conta, e la perda. "Conte è parte del problema e non la soluzione" dicono Andrea Cangini e Osvaldo Napoli. Quindi se il premier dovesse cadere si aprirebbero scenari graditi agli azzurri, come un governo Ursula o di unità nazionale. Di qui l'esortazione a tutti gli azzurri di Maria Stella Gelmini a serrare le fila: "tutti i veri garantisti votino 'no' a Bonafede": poi, morto un Papa se ne farà un altro.
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