"Un Paese amico, un Paese fratello, il miglior partner per la ricostruzione". Con sette ministri al seguito, il capo del governo di unità nazionale libico Abdulhamid Al Dabaiba fa il suo esordio a Roma e investe l'Italia di un ritrovato ruolo di primo piano sulla transizione del suo Paese. Prima in un business forum alla Farnesina, poi nel vertice di Palazzo Chigi con Mario Draghi, Italia e Libia fanno un passo avanti rispetto alla visita del premier italiano a Tripoli lo scorso aprile. "Vorremmo riattivare tutti i memorandum di intesa, tutti gli accordi", sottolinea il primo ministro libico. E Draghi torna ad assicurare il pieno sostegno italiano. Ad alcune condizioni, tuttavia, a partire dalle condizioni di sicurezza sul territorio libico.
Rispetto a due mesi fa Dabaiba vede Draghi portandosi dietro qualche problema interno in più, dalla mancata approvazione del bilancio unitario al permanere di gruppi armati, mercenari inclusi, in diverse zone della Libia. Nodi che Draghi, non casualmente, elenca nel corso della dichiarazione congiunta con Dabaiba a Palazzo Chigi. Nodi che, è il messaggio del governo italiano, vanno risolti per completare la "complessa transizione" libica ed arrivare alle elezioni politiche previste a fine anno. "L'Italia rimane a fianco della Libia e la sostiene, la nostra collaborazione continua ad essere sempre più fertile", è la mano tesa da Draghi al suo omologo. Ed è una collaborazione che, nella visita a Roma della delegazione libica, si orienta innanzitutto sul business.
Dall'autostrada costiera ("che ha anche un'importanza simbolica", sottolinea Draghi) alle infrastrutture aeroportuali, dalla tradizionale cooperazione petrolifera a quella, su cui l'Italia punta particolarmente, sulle energie rinnovabili: le leve sulle quali le nostre imprese possono contare sono diverse.
"Le imprese italiane vogliono essere protagoniste della ricostruzione libica", assicura il ministro degli Esteri Luigi Di Maio al business forum, al quale partecipano 30 gruppi industriali italiani, da Eni a Fincantieri, da Leonardo a Saipem, da Terna a Snam. E l'indiretto destinatario del messaggio del titolare della Farnesina non può che essere la Turchia, la cui influenza, negli ultimi due anni, si è fatta via via più ingombrante per i Paesi europei.
E' al Fezzan, in particolare, che la strategia italiana guarda. E' la regione lambita dal confine meridionale della Libia, quella a cui Tripoli pone maggiore attenzione per contrastare i flussi migratori. Ma è anche una regione ricca di fonti rinnovabili di energia. Qui la Farnesina si appresta ad aprire un consolato onorario mentre a Tripoli, nei prossimi mesi, verrà istituito un desk promozionale per le nostre imprese. E l'asse tra Roma e Parigi (dove Dabaiba è volato subito dopo) sul Nordafrica potrebbe facilitare la presenza italiana nel Fezzan, vista la storica influenza transalpina sulla regione.
A Palazzo Chigi Draghi e Dabaiba parlano per quasi un'ora e mezza. E toccano anche il nodo migranti. "L'Italia continuerà a fare la sua parte in termini di risorse e capacità formative, ma serve un'azione dell'Ue determinata e rapida", sottolinea Draghi, che già al prossimo Consiglio Ue punta ad istituire un sostegno strutturale dell'Ue al Paese africano. Sui migranti "la responsabilità non è solo libica, maltese o italiana ma comune", è il messaggio che Dabaiba recapita a Bruxelles. Resta il nodo dei diritti umani, di chi è trattenuto in Libia in quelli che l'Onu definisce lager. "Ritengo sia un dovere morale ma anche un interesse della Libia assicurare il pieno rispetto dei diritti di rifugiati e migranti", rimarca Draghi usando parole ben più nette di quelle pronunciate in aprile a Tripoli. Il premier annuncia anche l'impegno italiano nella "costruzione di ospedali in Libia e nell'invio di personale sanitario", oltre ad offrire la disponibilità ad accogliere "decine di bambini malati di cancro". Il rilancio dei rapporti italo-libici passa anche per la lotta al Covid.
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