La ministra della Giustizia Marta Cartabia ha avuto un incontro di approfondimento sulla riforma del Csm. E' stata prima a colloquio con il sottosegretario alla presidenza, Roberto Garofoli, poi con il presidente del Consiglio, Mario Draghi.
Sono due i principali nodi della riforma del Csm, pronta da dicembre, ma poi rimasta ferma a Palazzo Chigi, che ora sembra invece deciso ad accelerare.
Riguardano la legge elettorale e le regole per fermare le porte girevoli tra politica e giustizia. Sono i temi più spinosi su cui sembra più difficile trovare un accordo.
Lo scoglio maggiore è rappresentato dal sistema elettorale, che è anche la questione più urgente. A luglio sono previste le elezioni per il rinnovo del Csm. E occorre far presto per evitare che si vada al voto (ma già si ipotizza uno slittamento a settembre) con le stesse regole che hanno favorito lo strapotere delle correnti e le loro degenerazioni, all'origine degli scandali che hanno travolto la credibilità della magistratura. Se sull'obiettivo sono tutti d'accordo, come raggiungerlo è invece un tema che divide non solo i partiti della maggioranza ma anche la stessa magistratura che, proprio per le lacerazioni interne, non è stata in grado di presentare una proposta alternativa a quella presentata a dicembre della ministra della Giustizia Marta Cartabia: un sistema elettorale maggioritario binominale a preferenza unica, con un correttivo che premia i "migliori terzi", per assicurare la presenza delle minoranze. Una parte della maggioranza è contraria, a partire da Forza Italia che preme invece per il "sorteggio temperato" e che non ha modificato la sua posizione nemmeno quando la ministra ha proposto l'aumento del numero dei consiglieri (i laici passerebbero da 8 a 10, i togati da 16 a 20) come ulteriore strumento per tutelare le minoranze. Il sistema maggioritario non piace nemmeno alla maggioranza delle toghe, che con un referendum di scarsa partecipazione si è espressa a favore del proporzionale e contro il sorteggio (2.470 i no a fronte di 1.787 sì).
Posizioni distanti tra i partiti anche sullo stop definitivo alle porte girevoli tra toghe e politica. Se i 5S insistono perchè venga mantenuta la scelta già contenuta nella riforma Bonafede, con l'impossibilità di tornare in magistratura alla fine di un mandato politico, perplessità e resistenze ci sono in altre forze della maggioranza, a cominciare dal Pd. Su tutto pesa poi l'incognita dei referendum sulla giustizia voluti dalla Lega e dai Radicali e sulla cui ammissibilità si pronuncerà il 15 la Corte costituzionale.
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