Senza "risposte chiare" il Movimento 5 Stelle non potrà più "condividere una responsabilità diretta di governo". E, anzi, si sentirà "libero" di votare "su quello che serve al Paese, senza alcuna contropartita politica".
Alla fine di una giornata segnata dalle professioni di ottimismo di Enrico Letta - le condizioni ci possono ancora essere - e dalle frenate di Lega e Forza Italia, a gelare le speranze di chi ha continuato a lavorare, anche sottotraccia, per convincere Mario Draghi a rimanere al suo posto ci pensa Giuseppe Conte. Che compare in video, prima di riunire i gruppi, e di fatto annuncia che il Movimento è pronto a quell'appoggio esterno che il premier ha già più volte pubblicamente respinto. E' il Movimento che ha "subito un ricatto", va all'attacco Conte, che richiama lo stesso presidente del Consiglio alle sue di responsabilità. Perché "con spirito costruttivo abbiamo invitato Draghi a confrontarsi" ricevendo in cambio "generiche aperture" ma le risposte, sulle urgenze del Paese, restano ancora "non pervenute".
Mentre si avvicina il "giorno della verità" delle comunicazioni del premier al Parlamento, insomma, la crisi sembra sempre più destinata a risolversi con le urne anticipate. Draghi scompare dai radar per tutto il giorno. I pochi che sono riusciti a raggiungerlo in queste ore riportano sempre lo stesso messaggio: mercoledì sarà il giorno del commiato, delle dimissioni. Anche perché, ragiona chi gli è vicino, già non si registravano prima delle parole del leader M5s novità che cambiassero il quadro. Se il tema era quello dell'agibilità politica le dichiarazioni opposte dei partiti e la presa di posizione M5S non porta che a una conclusione.
Non si stanno recuperando quelle ragioni di fondo che hanno consentito l'avvio dell'esperienza delle larghissime intese. Con i continui distinguo l'azione di governo non può che restare impantanata in un logorio che Draghi ha sempre detto di voler evitare. E per riprendere le redini del governo i partiti avrebbero dovrebbero dare dimostrazione di voler tornare al sostegno convinto e unitario mostrato nei primi mesi. Ma queste presupposti, come dimostrano da ultimo anche le posizioni di Lega e Forza Italia, che comunque sbarrano la porta al Movimento 5 Stelle in un ipotetico Draghi bis, non ci sono. E sembra sempre più difficile a questo punto che possano materializzarsi nei prossimi tre giorni.
"Il mio è un forte appello alle forze politiche" per un rilancio "con un nuovo voto di fiducia" dice di prima mattina Enrico Letta, "sono sicuro che le condizioni ci siano", si sbilancia, invitando il Movimento a essere ancora "della partita". Il travaglio dei 5 Stelle però a sera vede sconfitta l'ala governista. Fra chi voleva votare subito la fiducia e chi voleva ritirare i ministri, per la mediazione si sono spesi D'Incà, Todde, Patuanelli e Appendino. Nel frattempo la Lega respinge al mittente l'invito all'unità del segretario Dem. "Letta divide la maggioranza" su temi come ius scholae e cannabis e poi "chiede unità", dicono i capigruppo Riccardo Molinari, accusandolo di "non essere credibile". Mentre il coordinatore Antonio Tajani, scandisce che Forza Italia non può "continuare a governare con i 5 stelle, la nostra presenza è alternativa alla loro". O Draghi bis senza Movimento, condizione che però il premier ha già più volte respinto, "o voto". In serata Matteo Salvini e Silvio Berlusconi si sentono, e confermano la "piena sintonia". Ma in molti, negli altri partiti, osservano che il leader leghista non parla mai di elezioni, oggi, ma si limita a scrivere sui social "che La Lega sceglierà per il bene dell'Italia".
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