Saranno due Camere inedite, dimagrite di circa il 30% dei parlamentari, quelle che si riuniranno a fine ottobre dopo il passaggio delle urne. La riforma costituzionale varata nel 2020 ha infatti ridotto dai 630 ai 400 il numero dei deputati e da 315 a 200 quello dei senatori eletti, ai quali si aggiungeranno i cinque senatori a vita. Una situazione inedita con degli interrogativi sull'attività parlamentare.
Mentre la sforbiciata risolverà gli atavici problemi di spazi di lavoro per i parlamentari e i gruppi, ci si interroga sulla funzionalità degli organismi, specie per il Senato. La prossima settimana l'Aula di Palazzo Madama ridurrà il numero delle Commissioni permanenti da 14 a 10 accorpandone alcune (Esteri e Difesa, Ambiente e Lavori Pubblici, Industria e Agricoltura, Lavoro e Sanità). Tuttavia i gruppi medio-piccoli avranno uno o due senatori in ciascuna commissione, il che impedirà una loro specializzazione e imporrà un maggior ricorso ai tecnici esterni e ai legislativi dei ministeri. L'altro problema riguarda le Commissioni e gli Organi Bicamerali, come Copasir, Vigilanza Rai, Antimafia. Queste, per fare un esempio, dovranno evitare di riunirsi nel primo pomeriggio (quando non ci sono i lavori delle due Aule) in concomitanza con le Commissioni permanenti di Camera e Senato, pena il rischio di far mancare il numero legale nelle une o nelle altre. Per le Bicamerali in arrivo convocazioni all'alba o al tramonto.
Per la Camera non ci sono questi problemi mentre per i giornalisti sarà più semplice memorizzare i nomi e i volti di 600 eletti rispetto a 915.
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