(di Luca Mirone)
Le forze russe che occupano la
centrale nucleare di Zaporizhzhia si preparano a collegarla alla
Crimea, tagliando la rete elettrica ucraina. L'allarme è
lanciato dall'ente nazionale per l'energia atomica, Energoatom,
che mette in guardia da una pericolosa operazione che rischia di
provocare un effetto Fukushima. Sul fronte dei combattimenti è
ancora forte l'eco delle esplosioni alla base militare russa in
Crimea, con ogni probabilità colpita da un raid ucraino:
riconquistare la penisola annessa da Mosca nel 2014 per
Volodymyr Zelensky è ancora un obiettivo irrinunciabile.
Il piano russo per riorientare la produzione di elettricità
di Zaporizhzhia verso la Crimea prevede di "danneggiare tutte le
linee della centrale nucleare e di togliere il collegamento al
sistema elettrico ucraino", ha affermato il presidente di
Energoatom Petro Kotin. Tre linee sono state già manomesse e al
momento l'impianto funziona con una sola linea di produzione,
"un modo di lavorare estremamente pericoloso", ha aggiunto.
Avvertendo che "siamo già molto vicini" alla situazione che si
era verificata a Fukushima, prima del disastro alla centrale
giapponese del 2011. "Non appena quest'ultima linea verrà
spenta, la stazione passerà al diesel, e tutto dipenderà
dall'affidabilità del loro lavoro e dalla sufficienza del
carburante disponibile per i motori diesel": il rischio è "lo
scioglimento dei materiali nucleari".
L'allarme di Kiev è condiviso dal G7. Il controllo della
Russia sulla centrale "mette in pericolo tutta la regione",
hanno detto i ministri degli Esteri in una nota. Mosca invece ha
ribadito che le porte di Zaporizhzhia sono aperte all'Aiea, e
che deve essere l'Onu a consentire le ispezioni, finora
ostacolate da Kiev. I russi inoltre hanno chiesto una riunione
del Consiglio di Sicurezza per denunciare i "recenti attacchi
delle forze armate ucraine alla centrale nucleare". Accuse
ancora una volta rispedite al mittente dall'Ucraina, secondo cui
le bombe del nemico nei villaggi della zona hanno ucciso almeno
16 persone in appena una notte.
Intanto sul fronte del conflitto le truppe di invasione
stanno cercando di rafforzare l'offensiva nel Donbass (secondo
gli occidentali anche con il ricorso a volontari ed al
reclutamento di detenuti): a Bakhmut le autorità ucraine hanno
segnalato sei morti in un raid che avrebbe colpito anche una
zona residenziale. Nel sud invece le forze di difesa continuano
a tenere alta la pressione su Kherson, affermando che il nemico
non è più in grado di controllare la linea ferroviaria che
collega la regione alla Crimea.
Proprio in Crimea i filo-russi hanno aggiornato il conto dei
danni e delle vittime dopo le esplosioni alla base di Saki:
almeno un morto e 14 feriti. In quello che è sembrato il primo
importante colpo messo a segno dagli ucraini nella penisola, che
secondo l'aviazione ucraina ha provocato la distruzione di
almeno una decina di velivoli da guerra. La versione ufficiale
dell'accaduto è sempre quella russa di un incidente, anche
perché Kiev ha affermato di non saperne nulla. Eppure tutti gli
indizi, supportati da fonti militari ucraine, fanno ipotizzare
un raid da lunga distanza, probabilmente con i missili Neptune
già utilizzati per affondare l'ammiraglia Moskva. O con gli
Atacms americani, dalla gittata di 300 km, che potrebbero essere
stati parte delle ultime forniture. Inoltre Volodymyr Zelensky,
nel suo video-messaggio serale, pur senza fare un riferimento
diretto alla base è stato molto chiaro sui suoi obiettivi:
"Questa guerra contro l'Ucraina e contro l'intera Europa libera
è iniziata con la Crimea e deve finire con la Crimea. Con la sua
liberazione".
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