Il sogno di un presidente della Repubblica eletto direttamente dagli italiani, e non dal Parlamento, solletica di nuovo Silvio Berlusconi che lo rimette in gioco alle 8 di mattina: "Spero che la riforma costituzionale sul presidenzialismo si farà", ammette a Radio Capital. Ed evoca le dimissioni di Sergio Mattarella, come passo necessario se la riforma passasse. Senza escludere che Mattarella potrebbe risalire al Colle, se fosse il più votato dai cittadini. Ma a un mese dalle politiche, per il leader di Forza Italia, è come toccare fuoco.
La miccia esplode all'istante e divide aspramente gli schieramenti. E se il centrosinistra lancia l'allarme rosso per la Costituzione in pericolo, gli alleati del Cavaliere restano in imbarazzo probabilmente per i toni irrituali rispetto al capo dello Stato e per i tempi, condizionati dalla competizione elettorale. Il presidenzialismo, in realtà, non è una novità nel centrodestra. Non lo è per FI, che scommette sulla riforma dal '95, come ricorda Berlusconi stesso. E tanto meno per Giorgia Meloni, fiera sponsor del 'presidente degli italiani' e che alla fine la spunta sul programma di coalizione, riuscendo a metterlo per iscritto al terzo punto (ma semplicemente come impegno all'"elezione diretta del presidente della Repubblica"). Eppure, oggi a difendere l'uscita del Cavaliere si espone solo il suo partito e l'ex azzurro, Maurizio Lupi di Noi con l'Italia. Fra i big di Lega e Fratelli d'Italia, invece, cala il silenzio. A parte Meloni, che conferma l'utilità della riforma definita "seria ed economica", perché "grazie alla stabilità si riesce a dare fiducia agli investitori". Nulla di più. E ancor più prudente è il senatore di FdI, Ignazio La Russa: "Non voglio polemizzare con Berlusconi, ma credo che sia prematuro discutere oggi del tema di Mattarella".
Ma le reazioni non si fermano. E sfiorano l'irritazione nel commento della terza carica dello Stato. "Il nostro presidente della Repubblica ha un mandato di sette anni - rammenta il presidente della Camera, Roberto Fico - Qualcuno se ne dovrebbe fare una ragione e non trascinare le istituzioni nella campagna elettorale". Fino al crescendo dell'Anpi: "L'accoppiata presidenzialismo-autonomia differenziata, frutto dell'accordo Meloni-Salvini-Berlusconi, scardina la Costituzione", denuncia il numero uno dei partigiani Gianfranco Pagliarulo profetizzando la "rottura dell'unità nazionale".
#Berlusconi non è più in sé. E agli elettori di Forza Italia dico: non seguitelo sulla strada della distruzione delle Istituzioni per appagare le sue voglie. pic.twitter.com/RfnRIykjei
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) August 12, 2022
Tra i politici, il primo ad agitarsi apertamente è Enrico Letta: "Dimostra che la destra è pericolosa per il paese", denuncia il segretario dem che parla quasi in contemporanea a Berlusconi, su Radio uno. Nel pomeriggio aggiunge un tassello alla ricostruzione: "Questa è una destra che vuole sfasciare il sistema perché, dopo aver fatto cadere il governo Draghi, è un preavviso di sfratto", spiega alla Stampa. Fino a interpretare le parole del Cavaliere come "un'evidente autocandidatura" al Quirinale. Berlusconi nega assolutamente e in radio svicola così: "Parliamo delle cose di adesso". Tuttavia, il 'Caimano' - come torna a chiamarlo Nicola Fratoianni di Sinistra italiana - non convince i rivali. Non lo fa nemmeno con la precisazione diffusa qualche ora dopo: "Non ho mai attaccato il presidente Mattarella, né mai ne ho chiesto le dimissioni", mette agli atti. Poi la difesa: "Ho solo detto una cosa ovvia e scontata, e cioè che, una volta approvata la riforma costituzionale sul presidenzialismo, prima di procedere all'elezione diretta del nuovo capo dello Stato, sarebbero necessarie le dimissioni di Mattarella". Inutile per Letta, convinto che al contrario sia "una conferma di quello che ha detto e che voleva dire" e che comunque per l'Italia il presidenzialismo "è un errore profondo".
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Non va per il sottile nemmeno Luigi Di Maio: "Adesso capiamo che vuole fare il presidenzialismo per buttare giù Mattarella - attacca direttamente il Cav - Non c'è niente di moderato in questo. Sta venendo fuori la maschera del centrodestra, a loro non sta bene nemmeno avere il garante della Costituzione". Usa la stessa metafora della "maschera" il leader del Movimento 5 stelle: per Giuseppe Conte, la riforma proposta dal centrodestra "prefigura un semplice un accordo spartitorio: Giorgia Meloni premier, Matteo Salvini vicepremier e ministro dell'interno". E conclude: "Non permetteremo che le istituzioni siano piegate alle fameliche logiche spartitorie delle forze di destra". Il più tranchant, al limite del garbo, è il tweet di Carlo Calenda: "Non credo che Berlusconi sia più in se". E gli consiglia: "Non è Mattarella a doversi dimettere, ma tu a non dover essere eletto".
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