Il suo temperamento gli ha fatto conquistare il soprannome di 'Rocky', come l'iconico pugile interpretato da Sylvester Stallone. Lo stesso temperamento che ha messo in mostra nel video-shock pubblicato dal Foglio e che gli è costato il posto di capo Gabinetto di Roma. Albino Ruberti, classe 1968, ha un'esperienza ventennale nei beni culturali, da sempre figura di peso della politica romana, tanto da ricoprire lo stesso ruolo in due giunte differenti per la sua capacità di "risolvere problemi", come un altro leggendario personaggio del cinema, il signor Wolf di tarantiniana memoria.
Ruberti è da sempre visto come una personalità importante, personalità a cui affidare la gestione di enti e associazioni.
Vicino al Pd, agli ambienti della sinistra, ma non solo. Oltre alla politica si è appunto sempre occupato di cultura, in società e associazioni legate agli enti territoriali. E' stato a capo di Zetema - società partecipata al 100% da Roma Capitale che opera nel settore cultura - dal 1998 e per oltre 15 anni.
Grazie al curriculum e all'esperienza maturata, è stato anche segretario generale dell'associazione Civita (dal 2009) e amministratore delegato di Civita Culture (dal 2006).
Figlio del noto accademico, rettore della Sapienza, e ministro dell'Università e della Ricerca Antonio Ruberti, Albino arriva a ricoprire il ruolo di capo di Gabinetto in Regione Lazio dal secondo mandato di Nicola Zingaretti, quindi dal 2018.
lo scorso anno si è speso molto per la campagna elettorale di Roberto Gualtieri in Campidoglio, per poi approdare appunto a palazzo Senatorio per svolgere il suo ruolo di risolutore di problemi. La bufera di oggi, però, non è la prima che travolge il braccio destro di Gualtieri. Durante il lockdown, infatti, fu già protagonista di un episodio che fece scalpore finendo su giornali e siti web. Il primo maggio del 2020, ancora a capo degli uffici della Regione Lazio, fu scoperto dalla polizia mentre stava sul terrazzo di una casa al Pigneto a consumare un pranzo di pesce, violando le restrizioni imposte dai decreti di allora. Rivolgendosi agli agenti sembra anche che avesse pronunciato il tipico "ma lei non sa chi sono io". Se ne sollevò un polverone politico, con tanto di interrogazioni parlamentari al ministro dell'Interno da parte del centrodestra.
Il nome di Ruberti è finito altre volte sulle pagine della cronaca locale dopo una multa destinata ai figli, due ragazzi di 19 e 17 anni, che dopo esser stati fermati dai carabinieri per alcuni controlli nella zona dei Parioli, avrebbero replicato alle forze dell'ordine proprio facendo presente la posizione del padre
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