Dall'inizio dell'invasione in Ucraina l'Ue è stato il principale importatore di combustibili fossili dalla Russia, per un controvalore di 85 miliardi di euro. I calcoli li fa il Centre for Research on Energy and Clean Air (Crea), nato in Finlandia nel 2019.
Secondo il Crea, i guadagni complessivi di Mosca dalle esportazioni di petrolio, gas e carbone hanno raggiunto i 158 miliardi di euro da febbraio ad agosto, rispetto ai 100 miliardi di euro che, secondo le stime, la guerra è costata al Cremlino.
Dopo l'Ue, i principali acquirenti di energia russa sono Cina (35 mld), Turchia (11 mld), India (7 mld) e Corea del Sud (2 mld). Nell'Unione, i maggiori importatori sono stati Germania (19 mld), Paesi Bassi (11,1 mld), Italia (8,6 mld), Polonia (7,4 mld), Francia (5,5 mld). I proventi di queste esportazioni, ammonisce il Crea, hanno contribuito per circa 43 miliardi di euro al bilancio federale russo, aiutando a finanziare la guerra in Ucraina.
Ma l'istituto di ricerca indica anche che rispetto all'inizio dell'invasione c'è stato un calo del 18% dei volumi delle esportazioni di combustibili fossili russi, trainato da un calo del 35% delle esportazioni verso l'Ue e solo parzialmente compensato da altri Paesi. L'impatto dello stop all'import di petrolio russo deciso da Bruxelles è ancora da valutare pienamente, si legge inoltre nel rapporto, ma gli acquisti Ue sono già calati del 17% e sono destinati a diminuire del 90% quando il divieto sarà a pieno regime, alla fine dell'anno.
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