(di Paolo Cappelleri)
Un accordo da 8 miliardi di dollari per aumentare la produzione di gas a favore del mercato interno libico e garantire l'esportazione in Europa. Un'intesa per supportare la Libia con cinque imbarcazioni attrezzate nel campo della ricerca e soccorso di migranti in difficoltà in mare. A Tripoli Giorgia Meloni ha rassicurato le autorità locali che l'Italia "è pronta ad aiutare" la sua crescita e il percorso verso elezioni "in tempi rapidi". Ma ha anche avvertito che senza una stabilizzazione del Paese, ancora diviso in due governi a oltre un anno dal rinvio delle elezioni, tutto rischia di essere vano. E ha chiesto di "trovare soluzioni strutturali e verificabili" sul contenimento dell'immigrazione irregolare.
A pochi giorni dalla visita ad Algeri, accompagnata dai ministri degli Esteri e dell'Interno, Antonio Tajani e Matteo Piantedosi, la premier fa tappa in un altro Paese del Nord Africa, secondo appuntamento di un percorso - che potrebbe presto portarla anche in Tunisia - studiato per lanciare il suo Piano Mattei. L'idea dell'Italia come hub per redistribuire il gas in Europa si intreccia con la volontà di un cambio di approccio su immigrazione e cooperazione, per "aiutare i Paesi africani a crescere e diventare più ricchi". Meloni pretende una svolta da Bruxelles, e su questo insisterà anche nel Consiglio europeo del 9-10 febbraio: "Il tema deve riguardare l'Ue nel suo complesso".
Cruciale, però, resta la collaborazione dei Paesi di partenza. Negli incontri con il primo ministro del Governo di unità nazionale libico, Abdul Hamid Dbeibah, e il presidente del Consiglio presidenziale, Mohammed Yunis Ahmed Al-Menfi, Meloni, a quanto si apprende, ha spiegato di apprezzare gli sforzi delle autorità locali per contenere le partenze, sottolineando che però ultimamente sono aumentate. Da qui la necessità "intensificare" l'impegno, di trovare "soluzioni più efficaci", con risultati "verificabili", anche "in collaborazione con l'agenzia Onu sul campo".
Intanto i ministri degli Esteri dei due Paesi hanno siglato un accordo per "potenziare le capacità e la cooperazione con l'autorità libica in relazione alla guardia costiera". Un patto "vergognoso" perché consegna "5 motovedette a chi si è reso responsabile di torture e stupri ai danni dei migranti", ha protestato Angelo Bonelli (Avs), invitando la premier "a leggere il rapporto choc dell'Onu che svelò la detenzione arbitraria, le torture e gli stupri a cui sono sottoposti i migranti per mano della guardia costiera libica". Piantedosi, con il suo omologo, ha poi messo le basi per "una task force congiunta" su flussi migratori, lotta al terrorismo e contrasto al narcotraffico.
L'intesa clou è però quella sul gas con la compagnia petrolifera nazionale (Noc), attraverso cui l'Eni "rafforza la sua posizione come primo operatore in Libia", ha sottolineato l'ad Claudio Descalzi. "Un chiaro segnale che il settore petrolifero in Libia è privo di rischi", la tesi del presidente della Noc, Farhat Omar Bengdara. L'accordo, però, è stato contestato nelle scorse settimane dall'altro esecutivo libico (non riconosciuto dalla comunità internazionale), quello guidato da Fathi Bashagha. Un scenario ancora più incerto per il ruolo del generale Khalifa Haftar, che controlla la Cirenaica.
Dove si trovano vari campi petroliferi, dove fanno base molti scafisti e dove è segnalata l'attività dei mercenari russi della Wagner. Meloni ha "auspicato" che l'impegno del governo di Dbeibah a indire elezioni "possa tradursi rapidamente in azioni concrete, con la mediazione dell'Onu". Un "ampio compromesso politico nazionale", ha aggiunto, può "aiutare a sbloccare l'attuale situazione di stallo".
Rilanciando l'impegno per l'autostrada prevista dal trattato Italia-Libia del 2008 e sottolineando l'importanza di dare standard di sicurezza all'aeroporto di Tripoli, la premier ha poi promesso che l'Italia "farà la sua parte, per assicurare una maggiore unità di intenti da parte della comunità internazionale sul dossier libico ed evitare il rischio che alcune influenze lavorino per destabilizzare il quadro piuttosto che favorirlo".
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