Tra Giorgia Meloni e Stefano Bonaccini c'è piena sintonia: nelle zone alluvionate, come a Palazzo Chigi, hanno dato l'impressione di lavorare di comune accordo, fianco a fianco, per superare l'emergenza. Un feeling testimonato anche dall'attenzione con cui, in diretta su Youtube, Giorgia Meloni ha seguito le parole del governatore, annuendo ripetutamente.
Tuttavia, nelle dinamiche del centrodestra una cosa è organizzare gli interventi per superare l'emergenza, un'altra la gestione a lungo termine della ricostruzione. E sulla scelta di chi sarà nominato Commissario per seguire questa seconda delicatissima fase la coalizione sembra vivere ore di tensione.
Una tensione strisciante che avrebbe fatto perdere quota alla possibilità che proprio il governatore dell'Emilia Romagna, ben voluto dalla premier, diventi oltre che commissario per l'emergenza anche quello per la ricostruzione.
L'azzurro Gasparri, apre alla soluzione Bonaccini: "Rispettare il territorio sarebbe abbastanza logico anche per una responsabilità e gestione condivisa di un'emergenza del Paese", osserva. Ma a mettersi di traverso sarebbe stato soprattuttto il ministro per le Infrastrutture, Matteo Salvini: nel corso del Consiglio dei ministri che ha dato il via libera al decreto maltempo, il leader leghista avrebbe sottolineato che, in Emilia, scelte figlie di un certo pseudo ambientalismo ideologico hanno aggravato gli effetti già pesanti dell'alluvione. C'è chi - sarebbe stata la sua accusa - ha evitato di portare a termine infrastrutture importanti pur di salvare la vita di nutrie e topi. Nessun riferimento esplicito a Bonaccini, ma queste parole sono state lette come un chiaro veto sul suo nome.
E dire che il presidente della Regione Veneto, intercettato fuori da palazzo Chigi mentre andava al Senato, aveva aperto all'ipotesi Bonaccini: "Storicamente - afferma Luca Zaia - è sempre accaduto che lo fanno i presidenti di Regione. Dopodiché non compete a me la nomina, ma al consiglio dei Ministri". Uscita che viene bollata come "intempestiva" dalla Lega.
Più tardi, fonti di palazzo Chigi stemperano la tensione, smentiscono il braccio di ferro, e di fatto confermano che la soluzione Bonaccini, al momento, sembra sfumare: Per questa nomina - trapela dall'esecutivo - "i tempi sono assolutamente prematuri: ora bisogna affrontare l'emergenza, poi ci sarà il censimento e la mappatura dei danni. Inoltre, non dimentichiamo mai che questo disastro non ha coinvolto solo l'Emilia-Romagna ma anche le Marche". Aver precisato che il Commissario dovrà occuparsi di due realtà distinte non è un dettaglio di scarsa importanza: sembra infatti preludere a quella che al momento sembra essere la soluzione più probabile: la nomina di un Commissario "terzo", magari tecnico non politico.
Sulla questione interviene anche il diretto interessato: "Non è importante il nome di Bonaccini come Commissario per la ricostruzione, ma un modo di lavorare, quel modello del terremoto dell'Emilia ha funzionato bene. Il problema - conclude l'ex candidato alla segreteria dem - non è il nome ma come si vuole lavorare".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA