Dichiarano tutti di voler restare uniti, in Europa come al governo. Ma di fatto le strategie di FdI, Lega e Forza Italia non coincidono a un anno dalle elezioni che potrebbero ridisegnare le alleanze a Strasburgo. La falsa partenza è ancor più chiara dopo il colloquio pomeridiano fra Matteo Salvini e Marine Le Pen, con il segretario della Lega che invoca "una casa comune del centrodestra" e sbatte i pugni: "Mai la Lega andrà con la sinistra e i socialisti. E non accetto veti sui nostri alleati". Ossia appunto i francesi del Rassemblement National e i tedeschi di Alternative Fur Deutschland, le forze politiche con cui "è impossibile qualsiasi accordo" per Forza Italia e il Ppe, come chiarito in mattinata dal leader azzurro Antonio Tajani. Ed è decisamente fredda anche Giorgia Meloni verso la proposta salviniana: "Non ci sono trattative in corso". Ogni evoluzione sarà possibile dopo il voto, è il ragionamento che si ripete in questi giorni negli ambienti di FdI: prima bisogna pesarsi nelle urne. La premier, sul Corriere della sera, nota come "cresce la consapevolezza che l'accordo innaturale tra popolari e socialisti non sia più adeguato alle sfide che l'Europa sta affrontando".
La sua attenzione è puntata sulla Spagna, spera nell'exploit dei suoi alleati di Vox. "Intanto - osserva - a Bruxelles si creano alleanze allargate alternative alla sinistra. È una fase stimolante, i conservatori e l'Italia possono giocare un ruolo centrale". Un ruolo su cui si discuterà fino a giovedì a Varsavia, dove il gruppo Ecr ha programmato tre giornate di studio a porte chiuse sui temi dell'agenda politica europea dei prossimi mesi. La premier - che del Partito dei conservatori e dei riformisti europei è stata appena confermata presidente - parteciperà ai lavori di mercoledì assieme a Mateusz Morawiecki. I due sono alleati nel Consiglio europeo, anche se la settimana scorsa la leader di FdI non è riuscita a convincere il primo ministro polacco (e il presidente ungherese Viktor Orban) a condividere le conclusioni del Consiglio europeo sul capitolo migrazioni. E di conseguenza Meloni spera che le elezioni in autunno non cambino lo status quo in Polonia. In campo c'è l'ex presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, che punta a mettere fine al governo di PiS, al potere dal 2015. Tusk, che è anche ex presidente dei Popolari europei, osteggia l'avvicinamento ai Conservatori, a cui invece da mesi lavora il suo successore Manfred Weber, anche spaccando Ecr. Un gioco di sponde che si consuma anche sulla scena italiana e vede particolarmente attivo in questi giorni Salvini. La sua proposta di "un patto scritto", è stata snobbata o rigettata da FdI e FI: l'unico a beneficiare della lista unica, si obietta, "sarebbe Matteo". "Con la Lega e Salvini non c'è nessun problema a fare un accordo - ha spiegato Tajani -. Ma come FI e Ppe è impossibile fare un accordo con Afd e il partito della signora Le Pen per un motivo molto semplice: sono due partiti antieuropeisti e non si può governare l'Europa con due partiti antieuropeisti". Il suo piano ideale è "una maggioranza con Popolari, Conservatori e Liberali".
Il colloquio fra Salvini e i vertici del Fronte nazionale, Le Pen e Jordan Bardella (in videoconferenza anziché in persona per l'evoluzione dei disordini in Francia), è preceduto dall'offensiva dei suoi europarlamentari verso FI: "Davvero l'amico Tajani preferisce continuare a governare con Pd, socialisti e Macron?". Per il segretario della Lega "una fetta del Ppe desidera guardare a destra e recidere una volta per tutte gli accordi con la sinistra". E "l'unica speranza di cambiare l'Europa - è il suo pensiero - è tenere unito tutto quello che è alternativo alla sinistra. Chi si comporta diversamente, fa un favore ai socialisti". Nelle stesse ore in cui il segretario riconosceva il partito di Le Pen come "l'unico centrodestra in Francia", i leghisti nostalgici ricordavano che con Umberto Bossi il Carroccio a Strasburgo era sempre schierato nell'Alde, l'Alleanza dei democratici e dei liberali.
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