"Ormai si trattava di salvare la terza economia della zona euro, l'Italia. I tassi di interesse che Roma doveva versare per rifinanziare il suo debito colossale avevano superato un nuovo record, al 6,4%. Avevamo raggiunto il limite della sostenibilità del debito italiano": dalle parole di Nicolas Sarkozy, che ha pubblicato una nuova puntata delle sue memorie, 'Il tempo delle battaglie', emerge tutta la drammaticità dei momenti vissuti dai leader europei al vertice di Cannes nel novembre 2011, ma anche la chiara ammissione che lui e la cancelliera Angela Merkel furono decisivi nel far dimettere Silvio Berlusconi dopo aver decretato analoga fine per il greco Papandreu.
Fra il Cavaliere e il leader dell'Eliseo non era mai scoccata la scintilla, troppo diverse le origini politiche e di formazione fra i due. Con l'andare del tempo e il crescere delle difficoltà, la situazione si deteriorò, ammette oggi Sarkozy per la prima volta nel suo libro in modo chiaro. Rendendo però a Berlusconi l'onore delle armi: "Nonostante i nostri rapporti si fossero deteriorati - scrive - sono stato sinceramente addolorato per la sua morte. Lascerà il ricordo di un grande imprenditore, di un politico di vero talento e di un uomo allegro e benevolo, che amava la vita al di là di ogni limite ragionevole".
In quel drammatico novembre, a Cannes, furono i due leader di Parigi e Berlino a "convocare" Berlusconi: "Lui cominciò a spiegarci - racconta Sarkozy - che eravamo noi a non capire che il debito italiano era nelle mani degli italiani e che con i mercati internazionali non si correva alcun rischio. Ipotizzava un grande prestito nazionale da chiedere agli italiani, era piuttosto delirante. Tutto questo veniva condito con le battute cui ci aveva abituati e che erano ancora più fuori posto rispetto al solito. Assistevamo, atterriti, all'inizio della fine di una grande carriera politica". Poi, Francia e Germania gli comunicarono la decisione: "Fu un momento di grande tensione, dovetti spiegargli che il problema dell'Italia era lui! Angela ed io eravamo convinti che fosse diventato il 'premio di rischio' che il Paese doveva pagare ai creditori del Tesoro italiano. Pensavamo, sinceramente, che la situazione sarebbe stata meno drammatica senza di lui e il suo atteggiamento patetico. Non sapeva che entro la fine del mese sarebbe stato abbandonato e costretto a lasciare le sue cariche".
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