Giorgio Napolitano è stato l'ultimo dei leader provenienti dalla nutrita pattuglia dei togliattiani del Pci che negli anni 60 guardava all'Unione sovietica, cresciuto politicamente all'ombra di Giorgio Amendola, considerato allora l'uomo più a destra del Pci. Nel contesto di una squadra che vide Enrico Berlinguer come soluzione di equilibrio ed erede del centro togliattiano alla guida di Botteghe Oscure e Pietro Ingrao leader dell'ala sinistra del partito. Fu il confronto-dissenso tra Berlinguer e Napolitano a orientare le principali scelte del Pci dagli anni '70. Il futuro capo dello Stato svolse in quel periodo il delicato ruolo di 'ministro degli Esteri' del partito comunista: fu il primo comunista italiano invitato negli Stati Uniti per una vista ufficiale: era il 1978, un momento in cui il Pci entrò anche nella maggioranza di governo (con lo spartiacque dell'assassinio di Aldo Moro da parte delle Br)), fino al ritorno all'opposizione in contrasto soprattutto con l'emergente Psi di Bettino Craxi. Una stagione in cui il gruppo dei dirigenti definiti dai giornali 'miglioristi' plasmò il nuovo partito dopo il 1968 riconoscendo la possibilità di migliorare il sistema operando all'interno delle sue stesse strutture e accettandone in parte i metodi. Una stagione che vide in prima linea tra gli altri Giovanni Cervetti, Emanuele Macaluso e Gerardo Chiaromonte. In quel periodo, riconosce più di uno storico, emerse la coralità del vertice comunista, con aspetti e interventi finora sconosciuti dei suoi protagonisti, tra cui anche Nilde Iotti, Luciano Lama e Achille Occhetto: un mondo nuovo in cui la sinistra italiana cominciò ad affrontare temi ancora oggi attuali come le riforme istituzionali, il sistema elettorale maggioritario e il finanziamento dei partiti. In questo contesto avvenne il lancio della questione morale nella storica intervista di Berlinguer a Eugenio Scalfari pubblicata da Repubblica nel luglio del 1981. Napolitano, in quella occasione, criticò le posizioni del segretario con un articolo pubblicato dall'Unità, utilizzando a questo fine anche le riflessioni togliattiane sulla centralità della politica. E si trovò così ad essere al centro di una sorta di processo intentatogli dall'allora segretario. Processo che si concluse con lo spostamento del futuro capo dello Stato da un ruolo centrale in segreteria a quello di capogruppo alla Camera. Ma era solo l'inizio di una lunghissima partita politica che 25 anni dopo lo ha portato al Colle con tutti gli onori.
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