Se si fosse voluto tenere una porta aperta sul Mes, allora sarebbe stato meglio un rinvio. Ma quando Giancarlo Giorgetti ha preso atto della decisione politica del suo governo di dire 'No' al Salva-banche, nelle varie riunioni ai vertici dell'esecutivo - secondo fonti a lui vicine - ha spiegato che questo era il momento più adatto per sciogliere il nodo, ora che è stato chiuso il nuovo Patto di Stabilità, senza trascinare ulteriormente la questione e rispettando la scadenza del 31 dicembre.
Le novità del Meccanismo non lo hanno mai entusiasmato, ma ora ci saranno delle conseguenze per l'Italia, è l'avvertimento che comunque il ministro dell'Economia ha condiviso con i colleghi. Non si temono reazioni negative dei dei mercati, e ad esempio lo spread, dopo un minimo sussulto poco dopo il voto della Camera, ha chiuso quasi ai livelli di ieri. Più che altro, non mantenere un impegno preso tre anni fa può avere ricadute sotto il profilo dell'affidabilità e della reputazione nei confronti dei partner. Quindi non è il caso di farsi illusioni sulle prossime partite europee, a cominciare dalla sede dell'Authority antiriciclaggio per cui è in corsa Roma.
Negli incontri internazionali, per mesi il ministro ha manifestato tutte le difficoltà a far convergere una maggioranza sulla ratifica. La scelta era stata devoluta al Parlamento, che è sovrano, e quindi la decisione va accettata, è la linea di Giorgetti, che è rimasto nei suoi uffici durante l'infuocata discussione a Montecitorio. Il suo nome in Aula è risuonato più volte, in quanto responsabile di una "Waterloo" sul Patto come ha detto la M5s Chiara Appendino, o perché "sbugiardato da quest'aula, sbeffeggiato dal suo leader e dal suo partito", come ha attaccato il dem Enzo Amendola. Il ministro dell'Economia non si è visto neanche quando Azione ha chiesto espressamente la sua presenza in Aula, dove nessun ministro comunque si è appalesato.
L'invito alle dimissioni arriva esplicito dalle opposizioni. "Dovrebbe ragionare sulle conseguenze di questo voto", sostiene Elly Schlein. "Chi pensa che sia sfiduciato è male informato" assicura però il capogruppo leghista al Senato Massimiliano Romeo al termine di una giornata i cui effetti sono tutti da verificare. Giorgetti, assicurano fonti a lui vicine, è tranquillo e pensa solo a portare all'approvazione la manovra entro la fine dell'anno.
Nell'esecutivo più politico degli ultimi anni, Giorgetti sul fronte del Mes rivendica un atteggiamento pragmatico. In quest'ottica vanno letti, secondo fonti a lui vicine, i ragionamenti condivisi ripetutamente con i colleghi di partito e di governo. Inclusi i rischi impliciti nella bocciatura della ratifica, da cui difficilmente si torna indietro. Per sei mesi almeno non se ne parla, taglia corto una fonte di governo. Nei consessi europei presto Giorgetti e Giorgia Meloni ne misureranno gli effetti. A partire dall'Eurogruppo del 15 gennaio e dal Consiglio europeo del primo febbraio. Il ministro è pronto a metterci la faccia in Europa. Ma d'altronde, osserva una fonte di governo, il limbo in cui l'Italia si è esposta sul Mes in questi mesi ha dato ai partner un alibi per stoppare molte richieste. Nel merito, Giorgetti è convinto che il meccanismo di salvataggio previsto dalla modifica respinta comunque non sarebbe servito al sistema bancario italiano. È vero, gli impegni presi con gli altri Stati andrebbero rispettati ma, è l'altra faccia della medaglia delle constatazioni del ministro, certo ci sarà un motivo se Draghi in venti mesi non ha voluto procedere con la ratifica e perfino Conte, che aveva dato tre anni fa il via libera alla modifica sul Salva-banche, ora ha portato il M5s a votare contro.
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