A decidere per il sequestro del telefonino sarà il giudice per le indagini preliminari e non più il pubblico ministero, così come per l'acquisizione dei contenuti, da cui saranno esclusi i messaggi e comunicazioni ritenuti dal Gip non rilevanti penalmente. La nuova riforma sull'acquisizione delle chat è ormai certa: con molta probabilità sarà discussa in Parlamento entro il prossimo aprile. È lo stesso ministro Carlo Nordio ad annunciare la misura, sulla scia dei provvedimenti per le intercettazioni da cui si aspetta l'ultimo ok alla Camera.
"Oggi nel cellulare non ci sono solo le conversazioni, c'è una vita intera, quindi questa non può essere messa nelle mani di un pm che con una firma se ne impossessa e magari dopo non vigila abbastanza sulla sua divulgazione", spiega il Guardasigilli facendo riferimento alle imminenti modifiche sulla "disciplina del sequestro degli smartphone". Considerazioni che arrivano in concomitanza con l'avvio dell'iter per quest'altra futura norma, contenuta nell'emendamento depositato in queste ore al Senato in commissione Giustizia dal relatore Sergio Rastrelli (Fratelli d'Italia) al ddl Zanettin-Bongiorno.
L'emendamento, a quanto si apprende da fonti politiche, nasce da un'interlocuzione con il ministro e lo stesso Rastrelli lo ha definito "di ispirazione governativa". Per sequestrare uno smartphone non basterà più il decreto del pm ma occorrerà il via libera del Gip (salvo casi urgenti), ma anche le chat, comunicazioni e carteggi mail dovranno essere messi al vaglio del giudice, il quale dovrà applicare la stessa disciplina sulle intercettazioni (agli articoli 266 e 267 del codice penale) stabilendone i limiti di ammissibilità. Andranno quindi selezionate solo le conversazioni penalmente rilevanti e quelle che non lo sono finiranno in un'archivio segreto della Procura.
È un provvedimento che "segue quanto stabilisce la Corte Costituzionale", spiega soddisfatto il vice ministro Sisto.
Pur condividendo "la preoccupazione che dati sensibili e personali estranei alle indagini possano essere divulgati", l'Associazione nazionale magistrati punta però il dito contro il fatto che "per intervenire sulla materia si dipinga in modo indiscriminato il pubblico ministero come una figura oscura, fuori controllo, che si impossessa dei dati e non vigila sulla loro divulgazione. È una continua opera di delegittimazione della figura del pm, che - tuona la vicepresidente dell'Anm, Alessandra Maddalena - si vuole a tutti i costi rappresentare come estranea alla cultura della giurisdizione. L'unico effetto sarà di privarlo delle garanzie di autonomia e indipendenza previste dalla Costituzione e di sottoporlo alla influenza del potere politico, a danno dei cittadini". E il Pd lancia un "allarme rispetto all'impatto della norma su indagini particolarmente delicate, a cominciare da quelle per mafia".
Riguardo al reato di abuso d'ufficio, cancellato dal ddl alle ultime battute per diventare legge, il Guardasigilli Nordio ribadisce poi la sua posizione: "Dal punto di vista tecnico-giuridico, il concetto di 'reato spia' non dovrebbe nemmeno esistere. Un reato c'è o non c'è, si chiama principio di tassatività e di specificità della norma penale. Dire che l'abuso d'ufficio sia un sintomo di corruzione è in sé e per sé sbagliato". E in queste ore è tornato sul caso di Ilaria Salis, la 39enne milanese detenuta a Budapest, gettando acqua sul fuoco delle polemiche scaturite con il papà, Roberto, il quale ha contestato le dichiarazioni del ministro sulla gestione del caso ("purtroppo hanno perso un anno", aveva detto Nordio riferendosi al fatto che non fossero stati chiesti da subito gli arresti domiciliari in Ungheria). "Lungi da me commentare le persone coinvolte nella vicenda perché quando si è oppressi dal dolore per una situazione così drammatica ogni espressione è comprensibile", ma - ha sottolineato il titolare di via Arenula - "la mia è una critica puramente giuridica", una questione di corretta procedura, che "adesso stanno seguendo perché hanno accolto i nostri consigli".
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