C'è la mozione di sfiducia contro Matteo Salvini definito dalle opposizioni amico di Mosca, che potrebbe arrivare al voto già prima di Pasqua ma non impensierisce troppo nonostante le intemperanze maldigerite del leader leghista. E poi per Giorgia Meloni c'è la nuova grana Santanchè che invece, nella maggioranza, apre qualche riflessione in più. Perché se rimane vero il principio che "non basta un rinvio a giudizio" per chiedere le dimissioni di un ministro, anche ai piani alti di Fdi iniziano ad ammettere che poi bisogna vedere "caso per caso". Perché ci sono situazioni che possono oltrepassare la soglia "dell'imbarazzo" e richiedere, alla fine, un passo indietro, se non altro per opportunità politica.
Nel partito della premier si registra un silenzio che fa piuttosto rumore. La sola voce che si alza nel centrodestra a difesa della titolare del Turismo, è quella del vicepremier e segretario di Fi Antonio Tajani, sempre "garantista" che si tratti del comune di "Bari", a rischio scioglimento per mafia, o di Daniela Santanchè: "una persona è innocente finché non è condannata in terzo grado di giudizio" dice il ministro degli Esteri.
Ma è l'unico, almeno fino all'ora di cena. Mentre scatta, appena comincia a circolare la notizia che la ministra di Fdi è indagata per truffa sui fondi Covid (20mila le ore di cig chieste e ottenute per gli impiegati che in realtà continuavano a lavorare, l'accusa) l'attacco delle opposizioni che chiedono le sue dimissioni. Proprio Fdi che "faceva la voce grossa sulla gestione della pandemia chiude gli occhi", dopo che Santanché già "ha mentito in Parlamento? Vergogna", attacca il leader M5S Giuseppe Conte. Mentre si affida all'ironia Elly Schelin: "Avrei voluto vedere le faccette di Meloni", dice diretta alla premier, quando da Bruxelles "avrà ricevuto la notizia che una ministra del suo governo è indagata per truffa aggravata ai danni dello Stato", dice la segretaria Dem, ricordando però che "per accuse meno gravi di queste ministri si sono dimessi, in Italia e in Europa". Conte e Schlein hanno anche sottoscritto la mozione di sfiducia a Salvini presentata inizialmente da Matteo Richetti di Azione (che non commenta a caldo, come Iv, il nuovo caso Santanchè), che è nel calendario d'Aula della prossima settimana.
"Consiglierei a Meloni di dedicare maggiore attenzione ai ministri accusati di aver truffato lo Stato" piuttosto "che infangare sindaci come Decaro", dice anche il leader di Sinistra italiana Nicola Fratoianni, mentre Riccardo Magi di +Europa, pur rivendicando il garantismo, sottolinea come un addio della ministra le consentirebbe "di difendersi meglio nel processo" ma anche di non "creare imbarazzo nelle istituzioni" già trasformate "in barzelletta" per la sua "evidente incapacità politica".
A suo tempo, la scorsa estate, Meloni aveva chiarito da un lato che appunto, non basta un avviso di garanzia per far dimettere un ministro, dall'altro aveva sottolineato che la "complessa" vicenda era "extrapolitica" perché non riguardava la sua attività come ministro. E certo, ancora una volta bisognerà "vedere meglio", dice un alto dirigente del suo partito, di cosa si tratti. Ma poi è la stessa Santanchè ad ammettere che dopo la decisione del Gup farà una "seria e cosciente valutazione in sede politica", per "rispetto del governo e del partito". Parole che vengono lette in ambienti politici anche come la possibilità di una riflessione sul passo indietro.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA