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Arianna Meloni: 'Mai influenzato le nomine'. Fdi attacca Stellantis

Arianna Meloni: 'Mai influenzato le nomine'. Fdi attacca Stellantis

Nel mirino anche Fanpage e Repubblica. Avs, è una vendetta

ROMA, 21 agosto 2024, 13:57

di Silvia Gasparetto

ANSACheck

 "Nessuno scontro" e nessuna operazione "telefonata", "nessuna regia". Solo un reazione a un "metodo" che "lascia increduli". A parlare questa volta, in una conversazione con alcuni giornali, è la diretta interessata, Arianna Meloni, oggetto in questi giorni prima di un editoriale in cui si adombrava il rischio di una inchiesta a suo carico e poi della difesa a spada tratta della sorella presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e di tutto il suo partito.

 

Una vicenda che ha innescato una scia di polemiche che ancora non si placano, dopo tre giorni. Anzi, il fronte si allarga, con Fratelli d'Italia che pure in giornate di pausa dai lavori parlamentari, scatta in batteria a dare addosso alla sinistra e "ai giornali di sinistra", silente di fronte a notizie di stampa (vicina alla destra) che puntano il dito sui compensi dei cronisti di Fanpage o su quelli, milionari, dei vertici di Stellantis a fronte di operai degli stabilimenti da mesi in cassa integrazione.

 


   Dopo l'uscita di domenica, che ha "indignato" la magistratura, come dice il presidente dell'Anm Giuseppe Santalucia (si alimentano "bufale" per "intimidirci e isolarci"), la premier si è richiusa nel silenzio nel riposo della masseria Beneficio di Ceglie Messapica, dove potrebbe rimanere fino al fine settimana. Arianna intanto è a Roma, di passaggio, per prendersi poi qualche altro giorno di vacanza con le figlie prima di rientrare al suo posto, a via della Scrofa.

 


    Silente anche lei, dopo avere ribadito sui quotidiani di non avere mai influenzato nè cercato di influenzare decisioni sulle nomine".  A parlare, spostando il bersaglio, ci pensa però il partito.
    A dare il là contro la testata autrice dell'inchiesta sui giovani di Fdi è l'apertura di Libero che parla di "metodo Fanpage" che "arruola manodopera a basso costo", con i giornalisti pagati "il 40% in meno rispetto agli standard", sottolineano i meloniani. "E la sinistra tace", il refrain, mentre dai capigruppo in giù i parlamentari del partito della premier si chiedono, come fa Tommaso Foti, se "non è forse il caso che Fanpage, anziché destinare morbose attenzioni a Fratelli d'Italia destinate puntualmente a svanire nel nulla cosmico, destini qualche infiltrato nelle redazioni di Fanpage stessa a riprendere e documentare - di nascosto e sotto false vesti - quanto denunciato da Libero?".


    In parallelo arrivano anche, a ripetizione, i commenti a un articolo del Giornale (ripreso anche sul Secolo d'Italia), che punta il dito contro i "mega stipendi" di amministratore delegato, Carlos Tavares, e John Elkann che "chiagne e licenzia", come Fdi rilancia anche sui suoi social. Lanciando un affondo anche contro il quotidiano di cui Elkann è editore perché, dicono rivolti agli utenti di X, "sono notizie che Repubblica non ti darà mai".


    Un post "molto brutto", un metodo che respingiamo totalmente", la replica di Avs, che ricorda di avere "sempre denunciato, in estrema solitudine, gli esiti nefasti della strada apolide del gruppo Fca". Ma l'affondo di Fdi, è la tesi esplicitata da Marco Grimaldi, niente avrebbe a che vedere con le questioni legate a "Stellantis-Fanpage" ma sarebbe una vera e propria "vendetta per l'informazione sulle nomine e sul ruolo di Arianna Meloni". E che si stia trattando di questioni "inventate" ad arte, di teorie del "complotto" utilizzate per coprire le "difficoltà" della maggioranza e del Paese, con la manovra alle porte, è convinto anche il resto dell'opposizione, da Italia Viva (in masseria c'è "la sindrome da accerchiamento") ad Azione ("bisognerebbe occuparsi del Paese" anziché parlare di "distrazioni"), a +Europa ("Meloni insegue inchieste fantasma mentre il Paese affonda").


    Ma anche tra gli alleati, a taccuini chiusi, qualcuno osserva che non c'è niente di nuovo perché è stato tutto "già visto" nei trent'anni in politica di Silvio Berlusconi". Forse, dicono tra gli azzurri, il fatto è che i meloniani "non sono abituati a stare nell'occhio del ciclone e mal sopportano le conseguenze della gestione del potere". Per dirla con una battuta, come fa il leghista Stefano Candiani, ora "hanno scoperto che l'acqua bollente scotta".
   

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